Juve-Chelsea, a lezione da Allegri

Juve-Chelsea, a lezione da Allegri© Juventus FC via Getty Images
Ivan Zazzaroni
4 min

Allegri, quello che accetta di essere criticato ma non compatito, in una sola sera ha battuto i campioni d’Europa, annullato Lukaku, azzerato Jorginho, ritrovato Bernardeschi e De Ligt, demolito luoghi comuni, convinzioni, scetticismi. E ha fatto cantare l’Allianz Stadium. C’è riuscito senza Dybala, né Morata, reinventando la Juve, riconsegnandole un’immagine riconoscibile.

Prima di Juve-Chelsea avevo seguito il prepartita di Sky, in particolare Conte e Capello. A un certo punto Fabio è tornato ad affermare che l’incidenza dell’allenatore su squadra e risultato non supera il 20 per cento. Antonio ha distinto il campionato dalla Champions, spiegando che il peso specifico del tecnico, dei suoi princìpi, si riduce in coppa dove per vincere servono i grandi giocatori.

Ieri Allegri è contato non per il 20, ma per il 50 per cento, il restante 50 l’ha fatto la squadra e mi verrebbe da aggiungere che un altro 50, e siamo al 150 per cento necessario per superare gli inglesi, l’ha messo Chiesa nell’inedito ruolo di prima punta (mi ha rivelato il collega Andrea Santoni che l’estate scorsa Renzo Ulivieri gli confidò che secondo lui l’Italia aveva, ha un grande centravanti: Fede, appunto).

Più brava che bella, la Juve. Attenta, disciplinata, mai scoperta: in una parola, organizzata per tentare di far mancare palloni a Lukaku, per schermarlo, e ridurre le linee di passaggio ai palleggiatori di Tuchel.

L’idea di partenza era quella di mettere a cinque la difesa, corti e nei trenta metri: Max ha mascherato per un po’ la squadra e, dopo una ventina di minuti, ha stretto Danilo e abbassato Cuadrado, deputato al controllo di Alonso, ammonito e in seguito sostituito da Chilwell.

Più brava che bella, dicevo, soprattutto perché il Chelsea le è superiore e nella vita ci sono momenti in cui realismo e intuizioni sono preferibili alla presunzione. L’ha capito il pubblico che per l’intera partita ha accompagnato con applausi e grida di approvazione ogni chiusura difensiva, ogni pallone recuperato. A proposito di presunzione punita, ricordo la finale dell’ultima Champions League dove Guardiola commise un errore di “immodestia”, non il primo di una strepitosa carriera: sorprese tutti, perfino i suoi, presentando un centrocampo che rinunciava a Fernandinho, fino a quel momento impiegato con assiduità e profitto, per Gundogan, che aveva utilizzato davanti al brasiliano. Nel 4-3-3 De Bruyne era il falso centravanti, con Mahrez e Sterling a sostegno. Attacco leggero, ma pochissimo filtro e dunque un enorme vantaggio offerto all’avversario.

Allegri ha stravinto impartendo una lezione di competenza, esperienza, lucidità. E mostrando il prodotto di due mesi di lavoro.

L’additivo Gasp

Volete migliorare i vostri giocatori? Mandateli al liceo Juric e, una volta ottenuto il diploma, all’università Gasperini. Oppure fategli saltare il classico a spediteli direttamente a Bergamo dove il prof sessantatreenne riesce da anni a trarre - o, se preferite, a ricevere - il massimo da chi gli viene portato in aula. E non è una questione di uno contro uno, di duelli continui, o di altro (svaniti retropensieri e maldicenze): i calciatori migliorano tecnicamente, oltre che tatticamente. Per restare al gruppo attuale, non penso solo a Pessina, che ormai è da Premier: estendo il discorso a Toloi, a Djimsiti, Freuler, De Roon, Zapata, Muriel e Ilicic, aspettando Koopmeiners. Certo, è fondamentale che il materiale non sia di scarto, per cui è decisiva la selezione all’origine.

Gasperini è l’additivo ideale. Peccato che abbia un pessimo rapporto con il Var: per lui è come la fortuna, che è cieca ma ci vede benissimo. Ci sono partite in cui la vista del varista non brilla per acutezza, quando gioca l’Atalanta - però - chi sta davanti al video esamina anche i fili d’erba. Ieri un intervento del tecno-occhio ha cancellato addirittura un’autorete - di Lauper - per la posizione di fuorigioco di Toloi. Fortunatamente Pessina ha aggiustato il punteggio con un autentico atto di giustizia: l’Atalanta ha strameritato il successo, perché sa stare in Europa come poche altre italiane.


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