Milan, all'inferno in tre giorni

Leggi al commento al momento dei rossoneri dopo i ko con Juventus e Paris Saint Germain
Milan, all'inferno in tre giorni© Getty Images
Xavier Jacobelli
4 min

In tre giorni il Milan è andato all’inferno e lì è rimasto. Prima la sconfitta con la Juve, poi la resa incondizionata al Psg che non ha mai vinto la Champions League e dagli ottavi in poi patisce le gare a eliminazione diretta, ma nella fase a gironi è tremendo: nelle ultime cinque edizioni ha perso solo 5 partite su 33, inanellando 21 vittorie e 7 pareggi. Adesso, la qualificazione si complica maledettamente per i rossoneri, ultimi e scavalcati dal Borussia che, battendo il Newcastle, l’ha agganciato. La verità, lapalissiana e cruda è che il Psg ha Mbappé, un micidiale Mbappé e il Milan ha Leao, un deludente Leao: in Europa la differenza si nota, come si nota che i rossoneri in tre partite non hanno mai segnato. Eppure, nella bolgia del Parco, la partenza a razzo dei francesi non aveva intimorito più di tanto gli avversari i quali hanno avuto il merito di non scomporsi, prendendo progressivamente campo. E, questo, nonostante l’abbrivio difficile di Thiaw, poi sostituito da Calabria nella ripresa: a San Siro, l’errore fatale contro la Juve aveva lasciato il Milan in dieci dal 40’; a Parigi, l’ammonizione dopo appena 227 secondi, decisa dal troppo casalingo arbitro sloveno VIncic che ha graziato a ripetizione i ruvidi interventi francesi e ha diretto male. Per la prima volta nella sua storia in Champions League, il Milan è andato in campo tutto straniero, allineando però più francesi del Psg nelle cui fila c’era l’unico italiano (Donnarumma), alle prese con la partita del cuore e l’impietosa contestazione degli antichi tifosi. Anche in trasferta, non l’hanno ancora perdonato, riservandogli cori ostili e insulti beceri, chiassoso prologo di ciò che accadrà il 7 novembre a San Siro.

Mbappè protagonista, Leao no

Tatticamente bloccata dagli schieramenti a specchio, la partita ha sussultato prima con il tiro di Mbappé parato da Maignan e poi con una conclusione di Leao. Mbappé e Leao erano i protagonisti annunciati dell’incontro e volevano onorarlo. Il primo c’è riuscito alla grande, il secondo no: la Champions dovrebbe essere l’habitat naturale del portoghese, ma ancora non lo è. Mbappé, invece, è Mbappé: chi, se non lui, imbeccato alla mezz’ora dal diciassettenne Zaire-Emery, poteva rompere gli argini fulminando Tomori e Maignan con una giocata degna della sua fama che in Champions ha prodotto numeri impressionanti (65 presenze, 42 gol e 20 assist: chapeau). I Riccardi, la famiglia milanista vicina di casa presso la quale Kylian ha trascorso molti giorni della sua infanzia, hanno raccontato come il piccolo diavolo fosse talmente rossonero da scagliare il telecomando contro il televisore quando il Diavolo perdeva. Al Parco dei Principi, nella porta di Maignan il fuoriclasse del Psg ha scagliato un pallone imprendibile. Dicono: fare facilmente ciò che gli altri trovano difficile, è talento; fare ciò che è impossibile al talento, è genio (cit. Henry Frederic Amiel, filosofo svizzero). Mbappé è un genio del calcio, nel finale ha preso anche un palo. Dopo il suo assolo, la replica del Milan è stata generosa, epperò velleitaria: è andata a sbattere contro la cronica incapacità di segnare, scoraggiato dalla difesa tranquilla degli avversari. Graziata dal fallo di Ugarte su Musah che ha annullato il raddoppio di Dembélé, la squadra di Pioloi ha capitolato sotto i colpi di Kolo Muani e di Kangin Lee, rendendo amarissima la duecentesima partita rossonera di Pioli. Che ha un solo centravanti di ruolo, stoico stanakovista dannatamente solo. Purtroppo, si vede. Domenica, a Napoli, ci sarà da soffrire.


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