Coppa d'Africa, che storie: dal signor Rossi a Baggio fino a una fotografa speciale

Le incredibili curiosità che arrivano dal torneo. Tanti racconti che descrivono al meglio la competizione

Il loro signor Rossi si chiama Camara (o Kamara) e nell'etimologia dei popoli mandinghi significa “affidabile". Sette calciatori con questi cognomi sono stati convocati nella Coppa d'Africa delle sorprese - forse perché su di loro, dopotutto, ci si può contare - che ha già perso per strada Gambia, Camerun, Burkina Faso, Tunisia, Egitto, Marocco, Senegal e Guinea Equatoriale, cioè le prime 8 dell'edizione di due anni fa. Considerando anche il Ghana, sono state eliminate tutte le partecipanti all’ultimo Mondiale.


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Il nome più originale, però, è sicuramente quello di Baggio Siadi, portiere del Congo, chiamato così perché mamma e papà stravedevano per il Divin Codino. In pochi sanno che al torneo partecipa anche un ragazzo nato in Valle d’Aosta: si chiama Calvin Bassey, nigeriano del Fulham nato sulle montagne italiane la notte di San Silvestro del 1999 prima di emigrare con la famiglia in Inghilterra; è subentrato nell’esordio con la Guinea Equatoriale (1-1) e con lui titolare al centro della difesa Osimhen e compagni non hanno più preso gol nelle successive quattro partite. La Guinea Equatoriale ha vinto il girone in cui erano inserite Nigeria e Costa d’Avorio, ma anche Burkina Faso (ha eliminato l’Algeria) e Namibia (dentro lei e fuori la Tunisia) hanno scritto favole contro ogni pronostico nella prima fase. Poi, si sono scontrate con la realtà: tutte e tre fuori agli ottavi, contro formazioni più esperte come Guinea, Mali e Angola. Proseguono, invece, i momenti magici di Capo Verde (73ª nel ranking Fifa) e Sudafrica (66ª, ha eliminato il Marocco semifinalista in Qatar), qualificate ai quarti dove non è riuscito ad approdare il Burkina Faso di Velud, l’ex ct del Togo che nel 2010 fu vittima di un agguato terroristico da parte di alcuni ribelli angolani (assalirono il pullman della squadra) in cui morì il suo assistente. È tornato a casa con zero punti il Gambia del belga Saintfiet (dopo aver sfiorato una clamorosa vittoria contro il Camerun nell’ultima gara del girone, era 2-1 all’86’ e ha perso 2-3), soprannominato “Il Santo” per i suoi discorsi spirituali, laureato in psicologia e autore del libro “Dalla mafia finlandese del calcio agli stadi di marmo del Qatar”. La sua è una storia che va oltre l’immaginazione: da calciatore si è rotto 6 volte il crociato (nell’ultima occasione ha preso un anestetico epidurale per assistere all’operazione, «così quando allenerò potrò spiegare ai miei calciatori cosa si prova»), ha allenato anche nelle Far Oer, in Asia e in Medio Oriente e in Africa è famoso per aver lavorato gratis in Namibia purché la federazione gli donasse un leone e per essere fuggito dall’arresto in Zimbawe perché il governo non lo voleva in panchina. In entrambi i casi è sopravvissuto brillantemente.


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A proposito di allenatori: 12 sui 24 partecipanti al torneo sono africani, un numero altissimo rispetto alla tradizione dei cosiddetti “stregoni bianchi” in voga fino a qualche anno fa. Segno che la cultura calcistica locale sta crescendo a ritmi elevati. Tre sono stati esonerati a torneo in corso, altro record: Belmadi dopo il flop algerino, Amrouche della Tanzania dopo aver preso 8 giornate di squalifica per aver detto che il Marocco è aiutato dagli arbitri e il francese Gasset, cacciato dalla Costa d’Avorio poche ore prima del verdetto che lo avrebbe qualificato tra le migliori terze, salvandogli probabilmente il posto di lavoro. Toccherà adesso al ct ivoriano ad interim, Emerse Far, il compito di sfatare “la maledizione del 1992”, quando cioè gli sciamani del villaggio di Akradjo lanciarono un anatema contro la nazionale di calcio perché loro aiutarono la squadra a vincere la Coppa d’Africa con alcune stregonerie ma poi non furono pagati dalla federazione come pattuito.


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Fa un certo effetto notare come in un torneo ricco di attaccanti stellari (Salah, Osimhen, Lookman, Mané, Konaté, giusto per citarne alcuni) il capocannoniere sia - con 5 gol - un terzino sinistro della Guinea Equatoriale già eliminata, il 34enne capitano Emilio Nsue, nato a Palma de Maiorca. Nsue gioca in Serie C spagnola tra le fila dell'Intercity di Alicante e in carriera ha vinto due Europei - Under 17 e Under 19 - quando militava nelle giovanili delle furie rosse, prima di cambiare passaporto e riconnettersi con le proprie origini. Un’altra storia da copertina è quella che della 21enne Sarjo Baldeh, gambiana, prima donna ad avere il ruolo di fotografa ufficiale dell’evento: a lei il compito di rendere eterne gioie, dolori e colori di questa straordinaria manifestazione.


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Il loro signor Rossi si chiama Camara (o Kamara) e nell'etimologia dei popoli mandinghi significa “affidabile". Sette calciatori con questi cognomi sono stati convocati nella Coppa d'Africa delle sorprese - forse perché su di loro, dopotutto, ci si può contare - che ha già perso per strada Gambia, Camerun, Burkina Faso, Tunisia, Egitto, Marocco, Senegal e Guinea Equatoriale, cioè le prime 8 dell'edizione di due anni fa. Considerando anche il Ghana, sono state eliminate tutte le partecipanti all’ultimo Mondiale.


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