"Spinazzola è un duro, può tornare come prima"

Intervista al dottor Lempainen, il chirurgo che lo ha operato in Finlandia
"Spinazzola è un duro, può tornare come prima"
Roberto Maida
4 min

Dopo novanta minuti di intervento, il tempo di una partita di calcio, Leonardo Spinazzola è tornato a sorridere. Ha trovato addirittura alcuni tifosi della Roma ad accoglierlo, fuori dalla sala operatoria. Lascerà già stamattina la clinica finlandese dove gli è stato ricostruito il tendine d’Achille sinistro, per poi cominciare la lunga riabilitazione con lo staff medico della Roma. Con lui viaggeranno la moglie Miriana, che lo ha accompagnato a Turku, e il dottor Manara. A eseguire l’operazione al Neo Hospital è stato il giovane Lasse Lempainen, allievo principale del professor Orava, considerato il numero uno del mondo per la cura dei tendini. Lempainen, 42 anni, seguirà a distanza il processo di recupero, indicando eventuali correttivi. Naturalmente sono previsti anche dei controlli dal vivo, di tanto in tanto. Lo abbiamo contattato per farci raccontare le prospettive di Spinazzola. 
  
Professore, come è andata? 
«Molto bene. Tecnicamente l’intervento è perfettamente riuscito. Leonardo è un ragazzo molto positivo, ha già smaltito la delusione per aver rinunciato alla parte finale dell’Europeo ed è concentrato sul recupero». 
 
Non era possibile evitare l’intervento? 
«No. Ci sono dei casi in cui il tendine viene trattato con la terapia conservativa, che produce anche buoni risultati. Ma nel caso di un atleta professionista, non era pensabile agire diversamente. La lesione era grave». 
 
Spinazzola tornerà come nuovo? 
«Nessun chirurgo può stabilire al cento per cento l’esito di un percorso riabilitativo. Ma qui parliamo di un calciatore giovane, che ha tempo per recuperare e riprendere la carriera ad alti livelli. Sono molto ottimista». 


 
La domanda più banale: quanto dovrà attendere la Roma prima di riaverlo in campo? 
«Anche questo elemento cambia a seconda del paziente. In media, dopo una rottura del tendine d’Achille servono sei mesi prima di ricominciare gli allenamenti. A quel punto comincia la riatletizzazione, che richiede pazienza». 
 
Se diciamo 7-8 mesi andiamo lontano dalla realtà? 
«No, è un periodo ragionevole». 
 
L’infortunio di Spinazzola è piuttosto raro tra i calciatori. Per quello era impossibile prevenirlo? 
«I tendini purtroppo si rompono improvvisamente. Ed è vero che di norma capitano a sportivi che praticano altri sport: atletica, basket. Ma anche nel calcio esistono dei casi: nella nostra struttura, quando ancora operava il professor Orava, è venuto David Beckham per esempio. In ogni caso non sempre esistono sintomi di lesione al tendine d’Achille. Quando arrivano, è già troppo tardi». 


 
Spinazzola ha uno storico di infortuni muscolari. Le lesioni precedenti possono avere influito? 
«Sì. E’ chiaro che Leonardo può essere stato condizionato nella postura, nella corsa. In più dobbiamo considerare lo stress delle tante partite ravvicinate all’Europeo. E poi, la sfortuna. Direi che l’incidente è stato determinato da una combinazione di fattori». 
 
Anche Cristante, il primo a soccorrere il compagno di club sul campo di Monaco, è stato un vostro paziente. In quel caso avete deciso di non operarlo. 
«Era un infortunio diverso: il tendine di un adduttore aveva avuto un problema. Con lui è stato possibile scegliere la terapia conservativa. Con Spinazzola invece è stato un intervento complesso, diviso in quattro fasi, in anestesia spinale. Ma sono davvero soddisfatto del risultato». 

 


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