Roma, il sogno oltre il baratro

Che semifinale sia. La più tribolata semifinale di sempre
Roma, il sogno oltre il baratro© LAPRESSE
Giancarlo Dotto
4 min

Che semifinale sia. La più tribolata semifinale di sempre. I cinque minuti di recupero, una crudeltà inaudita. Tutti a turno a a gettare nella mischia i loro brandelli di energia, Cristante, Mancini e Pellegrini in testa. Quei venti minuti a perdifiato di Borja Mayoral, da ieri sera definitivamente romanista. Bello riconoscere i Friedkin nella tribuna deserta finalmente scongelare applausi e abbracci, da ieri sera anche loro un po’ più romanisti. E ora il Manchester cannibale, tanto atteso e tanto temuto. Ora Cavani, Rashford e Pogba. Ora due settimane di passione, lo stare dentro l’attesa come solo il tifoso romanista sa fare.

L’esito. Conta solo questo. L’impresa. Mai come questa sera all’Olimpico. Edin spunta come un tulipano bianco nel cuore dell’incubo più nero, indovinato dalla magnifica trovata del più giovane di tutti. Calafiori. Ci sarà il tempo domani, meglio dopodomani, di analizzare come una Roma tanto dimessa e spaurita per settanta minuti, soggiogata in lungo e in larga dalla banda per fortuna sterilmente talentuosa dell’Ajax, arrivi a uno dei risultati più importanti della sua storia, vedendo ancora una volta il baratro e poi aggrappandosi alla sua più importante risorsa di questi tempi, il cuore. La replica esatta all’Olimpico di quanto visto la settimana prima alla Johan Cruijff Arena. Una Roma che sembra sul punto di sprofondare e, con l’aiuto della sorte, trova dal pericolo scampato la forza di immaginarsi e andare oltre.

Roma, una pagina fantastica

Un lieto fine ancora più lieto per quanto tutto fin lì ci aveva spinto a paventare il peggio. Resta la Roma l’ultima mohicana di un’Italia calcisticamente depressa, per questo scortata dalla benevola attenzione di quasi tutto lo Stivale. La semifinale di Europa League non sarà un fatto roboante se visto dalla supponenza di bacheche sfarzose, ma per la Roma e per la passione romanista è una pagina fantastica. Solo paura e attesa del peggio fino al gol di Dzeko. I primi quarantacinque minuti avevano alimentato illusioni per i primi dieci minuti (il sinistro lemme di Pellegrini a porta spalancata, a seguire il gol annullato a Veretout) e i peggiori fantasmi per tutto il resto.

Pau Lopez. quante incertezze!

Roma che scontava sul campo tutte le fragilità ipotizzate alla vigilia sulla carta. A cominciare da “Paura” Lopez. Un incubo i suoi strafalcioni di piede. Il primo per poco non è letale. E tutti a chiederci da casa, dai tre anni ai novanta, come sia possibile insistere su questo evidente suicidio dell’affidare al tremulo portiere spagnolo una parte in commedia per la quale è evidentemente inadeguato. Tutti a chiederci come si possa credere in obiettivi importanti con un portiere che comunica la stessa solidità di uno Stan Laurel spaventato anche dalla propria ombra (goffo e inadeguato anche nell’uscita sul gol dell’Ajax).

Una Roma monca per altri motivi. Veretout e Miki non avevano brillantezza e ritmo partita. Nemmeno lontane controfigure. Abbiamo sofferto l’Ajax in ogni zona del campo, il suo giro palla, la sua fisicità, le sovrapposizioni a destra e sinistra. La desolazione di uno Dzeko visibilmente in palla, condannato a farsi un mazzo enorme con tutta la frustrazione di non ricavarne un ragno dal buco, fino al momento dell’apoteosi. Prima del suo gol, l’eliminazione sembrava imminente e immanente. E non sarebbe stato uno scandalo. Non ci sarebbero stati onestamente rimpianti. I buoni propositi della vigilia, di non speculare, di non subire l’Ajax, franavano nell’evidenza di una Roma passiva e impotente. Ma tutto questo ora è solo un retro pensiero. Competizioni come queste si vincono anche passando nella cruna dell’ago.


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