Gnonto, il primo della classe: l’idolo è Messi, l'esempio è Ronaldo

Dalla casa in parrocchia fino a Zurigo e alla Nazionale sempre con i libri sotto il braccio. Quel campetto dove continua a tornare
Gnonto, il primo della classe: l’idolo è Messi, l'esempio è Ronaldo© Getty Images
Andrea Ramazzotti
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INVIATO A BAVENO - La storia devi per forza iniziare a raccontarla dal campetto della chiesa pievana dedicata ai Santi Gervaso e Protaso, proprio al centro di Baveno. Wilfried Gnonto è partito da lì, dal quel rettangolo di erba sintetica adesso usurata dal tempo, sotto lo sguardo di papà Boris Noël e di mamma Chantal, affacciati alla finestra di casa. «Abitavamo in uno dei due appartamenti della parrocchia - ci ha raccontato Noël -, accanto a quello di Don Alfredo Fomia, che ci aveva sposato nel 2000 e non ci faceva pagare l'affitto. Noi contraccambiavamo con dei lavori per la chiesa, della quale eravamo i custodi». Tre anni più tardi, nel vicino ospedale di Verbania, è nato Willy, il ragazzo che ha stupito l'Italia del pallone e ha dato per l'ennesima volta ragione a Mancini: i giovani bravi devono giocare. Prima o poi qualche presidente di Serie A ascolterà il ct?

Cervello in fuga

La famiglia Gnonto a Baveno è ancora... di casa nonostante se ne sia andata nel giugno 2020 per seguire il figlio che ha accettato la corte dello Zurigo. In questo comune di 5.000 anime sul lago Maggiore tutti li conoscono perché Chantal ha lavorato per 21 anni come cameriera al Grand Hotel Dino, mentre il padre ha cambiato diversi impieghi nei paesi limitrofi. È stato lui, nel 1993, il primo ad arrivare dalla Costa d'Avorio. Non aveva il permesso di soggiorno, così abitava con il fratello Jermain e, prendendo tre treni ogni mattina («Più 10 chilometri a piedi»), andava a lavorare in un'azienda di rubinetti a San Maurizio d'Opaglio («Il salario? 5.000 lire l'ora»). Quattro anni e mille sacrifici dopo, è tornato ad Abidjan, ha sposato la sua Chantal («Avermi sempre accanto gli ha cambiato la vita» ha scherzato lei, che lo ama fin da quando era bambina), e l'ha portata con sé a Baveno. Lì è andato in scena il matrimonio bis, stavolta in chiesa. Perché la famiglia Gnonto è molto credente e Wilfried, che ha fatto pure il chierichetto durante le messe di Don Alfredo, anche adesso va in chiesa. Da due anni vivono in un appartamento non lontano dall'aeroporto della capitale del “Kanton Zürich” come ha detto ieri sorridendo mamma Chantal. «Willy e io il tedesco lo sappiamo - ha sottolineato per prendere in giro il marito -, lui no. Mio figlio per le lingue è portato visto che ne parla quattro (italiano, inglese, tedesco e francese, ndr) e a scuola era bravissimo pure in latino». 

Libri a Coverciano

Da qui è nato il soprannome “latinista del gol” svelato nel corso dell'intervista alla Rai. Lo ha imparato al liceo classico “Cavalieri” di Verbania, ma quando si è trasferito nel convitto dell'Inter ha cambiato scuola e si è iscritto al liceo scientifico sportivo di Busto Arsizio che frequenta tuttora on line. «Studiare gli piace e ieri sera (venerdì, ndr) a Bologna si è fatto portare i libri di matematica e diritto per prepararsi alla maturità» ha confidato con orgoglio il papà. Un “particolare” che testimonia quanto questo ragazzo abituato ad avere ottimi voti a scuola abbia la testa sulle spalle. «Era il primo della classe sia alle elementari sia alle medie. Ora sta frequentando anche la scuola svizzera che gli permetterà di avere il diploma per svolgere qualsiasi tipo di lavoro». 
Di dubbi sulla professione che eserciterà, però, ce n’erano pochi quando era bambino e ce ne sono ancora meno adesso, dopo la notte del Dall'Ara nella quale i suoi genitori hanno pianto di gioia, seduti in tribuna. «Avevo la speranza che entrasse in una della tre partite di Nations League - è andato avanti papà Noël -, ma non mi aspettavo che avesse una chance già contro la Germania. Quando ha servito l'assist dell'1-0 a Pellegrini, siamo schizzati tutti e due in piedi. D'accordo, in tribuna bisogna essere composti, ma non potevamo trattenerci». Nel dopo partita lo hanno abbracciato con affetto e gli occhi ancora lucidi. Il debutto in azzurro è stato come chiudere un cerchio.

Messi e sorrisi

Calcolare quanti chilometri Willy abbia percorso nella sua vita per andare ad allenarsi è impossibile. Tutto è stato semplice fino a 8 anni perché a 4-5 anni era il fuoriclasse delle partite che venivano giocate con ragazzi più grandi di lui nel campetto sotto casa, mentre a 6 dava spettacolo nella Scuola Calcio del Baveno, dove era allenato da Rino Molle. Massimo Zacchera, uno dei fondatori del club (ora affiliato alla Juventus), nonché direttore del Grand Hotel Dino, lo ha visto crescere: «La sua forza era ed è quella di entrare e uscire sempre dal campo con il sorriso. Fin da bambino, con il pallone tra i piedi, non era mai emozionato o impaurito dallo sfidare chi aveva 2-3 anni più di lui. In Nazionale a Bologna ha giocato come nella categoria Piccoli Amici: si è fatto scivolare tutto addosso e ha pensato solo a dimostrare le sue qualità». Il dna da calciatore gli è stato trasmesso dal padre Noël, che si chiama così perché è nato il giorno di Natale del 1969 («Ma mi hanno registrato tre giorni dopo e quindi il mio compleanno è... il 28 dicembre»): faceva l'attaccante a livello dilettantistico e qualche consiglio anche adesso glielo dà volentieri. «Non dal punto di vista tecnico-tattico, ma di comportamento. Il suo idolo è Messi del quale ha letto la biografia e studia tutti i movimenti su Internet; io però gli ripeto che deve imparare la cultura del lavoro da Cristiano Ronaldo, che non ha il talento smisurato dell'argentino, ma è diventato un fenomeno dando sempre il massimo durante la settimana». I “geni sportivi” però gli arrivano anche dalla mamma: «Facevo atletica, i 100 metri, e mi sono allenata tanto» ha ricordato Chantal, look curato e occhi lucidi anche ieri al solo pensiero di quanto è cresciuto il suo bambino, «già irrefrenabile quando a 2-3 anni usava il salotto di casa come un campo da calcio. Per questo mio marito lo ha portato all'oratorio: voleva farlo stancare e salvaguardare la tv e i mobili». Scelta azzeccata. Anche Mancini ringrazia. 

Quanti viaggi

A 8 anni è iniziato il “tour” per andare ad allenarsi lontano da Baveno: tanti i chilometri “macinati” in macchina dal padre, che ha lavorato prima in una ditta di tendaggi a Borgomanero poi in una di tubi a Piedimulera, dalla madre o da una persona di loro fiducia che pagavano 30 euro al giorno. Prima tappa il Suno, club della galassia Inter. Poi, siccome quel ragazzino (diventato italiano a tutti gli effetti nel 2009 grazie alla cittadinanza presa dal papà) era troppo bravo per stare in provincia, a 9 anni il trasferimento direttamente a Milano, nella casa madre nerazzurra. I chilometri da percorrere ogni giorno diventarono cento all'andata e altrettanti al ritorno. Con conseguenti sacrifici per Willy, che mangiava durante il viaggio un panino preparato dalla mamma la mattina, e per la famiglia. «Cinque giorni la settimana avanti e indietro da Milano era un bello stress - ha confessato Noël - e non ce la facevamo più. Per fortuna l'Inter dopo qualche anno ci ha aiutato mandando a Meina, una ventina di chilometri da casa nostra, un pulmino che lo accompagnava al campo di allenamento e lo riportava lì».  
In nerazzurro sono arrivati tanti gol, molte vittorie e parecchi riconoscimenti personali. «Quando abbiamo traslocato, non so quanti trofei sono finiti in cantina. Mia moglie però ha voluto una bacheca per custodirne alcuni». Tra questi la medaglia per la vittoria dell'ultimo campionato svizzero con lo Zurigo di Dzemaili, l'ex centrocampista di Torino, Parma, Napoli, Genoa e Bologna che gli fa da padrino.

Inter addio

La svolta della carriera dopo il lockdown, con la firma per lo Zurigo, una decisione presa dalla famiglia dopo tanti confronti con l'agente Claudio Vigorelli e il suo collaboratore Luca Ronchi. «Aveva vinto lo scudetto Under 15 segnando in finale contro la Juventus (5-0 il 14 giugno 2018, ndr) e, nonostante fosse il più piccolo di tutti, faceva parecchie reti. In Nazionale però non lo convocavano e questo mi lasciava perplesso. La prima volta lo chiamò il ct Nunziata, poi nell'ottobre 2019 andò ai Mondiali Under 17 al posto del compagno Esposito, che non fu liberato da Conte: lì, contro ragazzi più grandi, realizzò 3 gol ed ebbe una notevole visibilità. Al suo ritorno iniziarono le trattative per la firma del primo contratto da professionista con l'Inter: le riunioni furono positive e Willy si trasferì a vivere nel convitto a Milano, ma il percorso prospettatoci non ci convinceva del tutto perché avrebbe giocato con la Primavera. Lo scoppio del Coronavirus ha complicato tutto. Dopo il lockdown lo Zurigo ci promise che lo avrebbe messo in prima squadra e a quel punto la scelta era... obbligata». 
La famiglia ha così abbandonato Baveno: mamma Chantal ora lavora in una lavanderia, papà Noël fa l'autista a tempo pieno del figlio. «Almeno una volta al mese, però, torniamo qua perché abbiamo tanti amici e c’è pure la tomba di Don Alfredo, morto nel 2017. Sarebbe stato felicissimo di vedere il suo Willy in azzurro». E anche la nuova stella dell’Italia si vede spesso da queste parti dove progetta di comprare una casa. Tre ore e mezzo di viaggio da Zurigo non sono poche, ma qui ha tanti ragazzi con i quali è cresciuto e nel 2020-21 la nostalgia era tanta. La scorsa estate, prima dell’inizio della preparazione, è così tornato ad allenarsi nello stadio del Baveno e nel campetto della chiesa. Da lì è iniziata la favola di Gnonto. Il finale è ancora tutto da scrivere.


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