Mancini e la nuova gioventù dell’Italia: si lavora alla ricostruzione

Pinamonti, Fagioli, Udogie e Gatti: parte un campionato che dovrà accompagnare un ricambio generazionale in chiave azzurra
Mancini e la nuova gioventù dell’Italia: si lavora alla ricostruzione© ANSA
Fabrizio Patania
7 min

ROMA - L’Italia mondiale del 1982 era nata in Argentina, quattro anni prima, favorita dal coraggio di Bearzot. L’apertura ai giovani del Vecio venne accolta con la solita diffidenza. Siamo un popolo di bacchettoni e di conservatori, categoria giornalistica compresa. La Juve aveva vinto di nuovo lo scudetto. Trapattoni era riuscito a trasformare Tardelli (24 anni non ancora compiuti nel ‘78) da terzino destro in centrocampista e stava cominciando a impiegare Cabrini, esploso in B con l’Atalanta. Perso Facchetti, il ct decise di convocare Antonio, ventenne, e di lanciarlo titolare all’esordio di Mar del Plata con la Francia. Sino all’ultima amichevole premondiale (18 maggio a Roma con la Jugoslavia) il posto sulla fascia sinistra apparteneva a Maldera. Gli azzurri a Buenos Aires si presentarono con Paolo Rossi, 21 anni, al centro dell’attacco. Si era imposto in Serie A vincendo il titolo di capocannoniere con il Vicenza di GB Fabbri, neopromosso e secondo dietro alla Signora. Pablito segnò 24 gol, piazzandosi davanti a Savoldi (Napoli) a quota 16, Giordano (Lazio) e Pulici (Torino) ex aequo a 12, Bettega (Juve) e Graziani (Torino) con 11 reti.

Ricostruzione Italia

Basta un’occhiata alla classifica marcatori dell’epoca per segnalare e comprendere la differenza rispetto al calcio italiano di oggi, perdonando (non giustificando) la mancata qualificazione in Qatar. Ciro Immobile, irresistibile con la Lazio e irriconoscibile in Nazionale, è l’unico centravanti italiano tra le prime otto o dieci squadre della Serie A. Belotti, svincolato, troverà posto nella Roma come alternativa di Abraham. Scamacca, la grande speranza azzurra del futuro, è stato ceduto dal Sassuolo al West Ham e ora dovrà farsi largo in Premier. Esperienza formativa, ma dura. L’Ajax, per sostituire Haller, ha preso Lorenzo Lucca. Dal Pisa all’Arena di Amsterdam dopo aver perso il posto di titolare in B a causa dell’acquisto di Torregrossa. Mancini, che lo teneva sotto osservazione, ha sottolineato l’aspetto positivo in un’intervista concessa pochi giorni fa al Giornale. «Ha una grande possibilità per migliorare tecnicamente. Non avrà pressioni ma si troverà in una squadra che deve vincere sempre. L’Ajax è come Real Madrid, Barcellona, Juve e altri club dove un pari sembra una sconfitta. La scuola olandese vale: sfornano giovani, poi li vendono e fanno i soldi. I nostri a 18 anni sono ancora in Primavera: all’estero giocherebbero tutti».

Mancini, il segnale

Ecco il segnale lanciato dal ct, scambiato per pazzo o per visionario a fine maggio, quando con Gravina e lo scouting di Coverciano ha inaugurato la stagione degli stage e dell’Accademia Azzurra per tenere sotto controllo, studiare e monitorare i nostri giovani talenti, anticipandone la crescita. Bisogna alzare il livello della competizione. Giocare, giocare, giocare. E tocca agli allenatori scegliere con coraggio. Il campionato in partenza a Ferragosto promette di diventare più azzurro e di accompagnare il ricambio generazionale con un dubbio grande così negli ultimi sedici metri. Se riuscisse a produrre nuovi attaccanti, sarebbe meglio per il ct. Mancano i centravanti e non abbiamo più numeri 10. Dopo Baggio, Zola e lo stesso Mancini, ci siamo fermati a Del Piero e Totti. Raspadori al Napoli troverebbe prospettive di crescita favorevoli, comincerebbe a misurarsi in Champions, l’unica autentica possibilità di maturare esperienza internazionale. Le fatiche di giugno in Nations si sono concluse con il crollo al Borussia Park. Guardate la Germania di Flick e del blocco Bayern, protagonista in Europa e non solo in Bundesliga, e scoprirete la differenza: i tedeschi sono giovani, pieni di talento e giocano stabilmente in Champions. Molto più dei nostri. Tonali (Milan) e Locatelli (Juve), ma anche Donnarumma con il Psg, hanno cominciato nella stagione scorsa.

Il mercato e il destino dell’Italia

Anche il mercato può indirizzare il destino dell’Italia, costretta a rifondare, per la seconda volta di fila non qualificata al Mondiale. Se Berardi resterà nella comfort zone di Sassuolo, Mancini guarderà con interesse Pinamonti e l’evoluzione di Pellegri al Torino. Allegri aspetta il recupero di Chiesa. L’infortunio di Pogba sta aprendo prospettive inattese per Fagioli e Rovella. Bellanova all’Inter e Udogie al Tottenham (o ancora per un anno all’Udinese) sono in rampa di lancio, avrebbe voluto chiamarli a fine maggio. Il Monza italiano di Galliani e Berlusconi porterà una bella ventata di freschezza. Pessina, entrato in rotta di collisione a Bergamo con Gasperini, guiderà da capitano un gruppo in cui le qualità di Sensi, se ritroverà stabilità fisica e continuità di rendimento, potrebbero risaltare. Sui social spopola la foto di Chiellini a Los Angeles che abbraccia Gatti in tournée con la Juve. L’ex Frosinone dividerà lo spazio e crescerà all’ombra di Bonucci facendo coppia con Bremer, come se un filo collegasse il futuro della Signora alla Nazionale. Il ct, c’è da giurarci, non ha altri difensori centrali a parte Bastoni e il Mancini romanista. Luiz Felipe è volato a Siviglia. E poi si vedrà. Mourinho e Sarri, con le dovute proporzioni, potrebbero aiutare la Nazionale. La Lazio, in controtendenza, ha scelto qualche italiano. Dovrà tirare su Casale, sbocciato con il Verona, e rilanciare Romagnoli, finito in un cono d’ombra dopo l’inizio carriera in cui veniva considerato il miglior prospetto tra i giovani difensori. Da seguire l’evoluzione di Cancellieri, considerato un esterno dal ct Mancini, ingaggiato da Tare con l’idea di farlo diventare il vice di Immobile. La Roma con gli innesti di Dybala, Matic e Wijnaldum sta cominciando a pensare allo scudetto. Mourinho alzerà il livello della competizione interna e del turnover. Spinazzola deve ritrovare continuità. Zaniolo è ancora in bilico. Lorenzo Pellegrini e Cristante forse giocheranno un po’ meno, inseguendo obiettivi più alti. A giugno in Nations avevano assunto un ruolo centrale nella nuova Italia. Bryan era il play fisico, il capitano giallorosso l’incursore negli ultimi trenta metri. «Non è Totti o Giannini, può diventare molto più bravo perché segna e fa le due fasi. A volte perde palloni che non dovrebbe perdere. Se migliora questo difetto, diventerà un giocatore strepitoso» ha spiegato il ct. Mourinho, nell’amichevole con il Tottenham, lo ha impiegato nella linea mediana a due davanti alla difesa. Vedremo se diventerà la sua futura collocazione.


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