Un abbraccio vero nel nome di Luca

Leggi il commento alla sfida tra gli azzurri e la nazionale guidata da Southgate
Fabrizio Patania
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L ’abbraccio tra Vialli e Mancini è l’immagine iconica di Wembley. Resterà scolpita nella storia della Nazionale, macchiata a Ferragosto da dimissioni insolite (per modalità) e nel 2022 dal fallito ingresso al Mondiale in Qatar, che forse avrebbe dovuto spingere l’ex ct ad anticipare i tempi del divorzio. Si era spenta la luce nella notte di Palermo. Spalletti, alla ricerca della felicità perduta e da restituire agli italiani, ha il dovere di riaccenderla. Era giusto scorrere la galleria di ricordi dolci e struggenti, come ha fatto ieri, sottolineando il tratto umano che distingueva il gruppo campione d’Europa guidato dal suo predecessore, ora in Arabia Saudita. Un modo per stimolare la squadra, testarne la personalità di fronte ai fenomeni dell’Inghilterra. Destini forti, uomini forti, dice l’ex tecnico del Napoli. Mai come in queste ore, abbiamo bisogno di emozioni.

Le cartoline da Wembley e il fantasma Macedonia

Donnarumma stordito e raggiunto di corsa dagli azzurri dopo l’ultimo rigore parato a Saka, Berardi avvolto da una bandiera tricolore le altre cartoline che ci riportano con la memoria alla notte dell’11 luglio 2021. Sono passati due anni, un’eternità, è successo di tutto o quasi. Non si cancella il dolore per la scomparsa di Gianluca, evocato come spirito guida da Lucio durante la presentazione e persino entrando in campo («Vialli ci protegga») per il primo allenamento a Coverciano. Il fantasma della Macedonia, che non siamo riusciti a piegare a Skopje un mese fa, ci inseguirà sino al Mondiale 2026. Ora ci dobbiamo preoccupare di batterla almeno il 17 novembre all’Olimpico di Roma, passaggio chiave lungo il cammino verso Germania 2024, da blindare sul neutro di Leverkusen nel dentro o fuori con l’Ucraina all’ultima giornata. Siamo campioni in carica, non ancora qualificati. E sul calcio italiano si sono allungate le ombre dell’inchiesta sulle scommesse, deflagrata con un blitz della Digos e della Squadra Mobile a Firenze, violando il ritiro della Nazionale dopo le rivelazioni di Fabrizio Corona, per notificare un avviso di garanzia a Tonali e Zaniolo. Così va il nostro Paese. Una tristezza assoluta. Diciamo la verità, aspettiamo dal campo le buone notizie, dopo aver perso (per superficialità, fragilità e debolezze lo scopriremo) un altro pezzo di futuro dobbiamo trasformare l’eredità del titolo europeo di Wembley in un valore aggiunto di coraggio. Dobbiamo provarci, anche se il confronto con la realtà si presenta impari. Le qualità ci sono per sviluppare un buon calcio, dice il ct. Lo spiraglio aperto da Lucio ci rincuora e ci indica la strada da percorrere nei tempi tenebrosi, delle cronache giudiziarie mescolate alle fake news e alle bassezze tipiche dei social. Cerchiamo abbracci veri e sani, non virtuali o su Instagram. L’11 luglio 2021, in occasione della finale, il tempio del calcio inglese riapriva per la prima volta senza limitazioni di capienza, sfidando le regole e il buon senso, dimenticando distanziamenti e mascherine, nonostante Londra fosse assediata dal Covid e dalla variante Delta. Una bolgia per 80 mila pigiati dal brivido del calcio.

Italia, la storia a Wembley

E’ annunciato un altro sold out, con 1900 italiani in tribuna. E certo il commissario tecnico avrebbe tanta voglia di piantare a Wembley la bandiera dell’Italia cucita da sua mamma, la signora Ilva, oggi novantenne, durante i Mondiali del 1970 in Messico, quando era ancora bambino e andava a festeggiare per le strade di Certaldo i gol di Riva e Rivera. «Mi sento come un alpinista che pianta il tricolore sul Monte Bianco» disse Lucio all’inizio della scalata. Wembley ci racconterà a che punto della salita si trova. Dal punto di vista della classifica, il risultato potrebbe essere ininfluente, a meno che gli azzurri non riescano a vincere con due gol di scarto o segnandone tre. Così balzerebbero al comando del girone. A Southgate, invece, basta un pareggio per garantirsi la matematica qualificazione all’Europeo. Il pronostico non ci favorisce, anzi il contrario. Sembra chiuso. Non è semplice battere l’Inghilterra di Bellingham e Kane, di Foden e Rice. Nella storia azzurra abbiamo vinto a Wembley solo altre due volte prima dei rigori e delle prodezze di Donnarumma. Capello nel 1973 e Zola nel 1997 firmarono imprese epiche quasi quanto il titolo europeo di due anni fa. Lucio insegue un sogno, ma più del risultato conteranno il coraggio, la personalità e un segnale. Tenere testa ai Tre Leoni ci farebbe capire se l’Italia di Spalletti è appena nata.


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