Il primo maledetto rigore

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Il primo maledetto rigore© Getty Images
Marco Evangelisti
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È già capitato quattro volte in dodici partite e può succedere ancora. I calci di rigore per sbloccare casi di parità impermeabili a tutto il resto non piacciono a nessuno e danneggiano la salute. Il classico esempio di male minore: li imposero per non ripetere le partite all’interno di un programma sempre più frenetico. Al Mondiale esistono dal 1982, un’edizione che noi italiani ricordiamo per tutt’altro. Dovettero sperimentarli in semifinale la Germania, allora Germania Ovest, e la Francia, per decidere chi sarebbe andato a prendere schiaffi dagli azzurri. Nessuno aveva preparato le liste dei tiratori e i giocatori facevano finta di nulla mentre i ct chiedevano volontari. Il primo a sbagliare fu Uli Stielike, al terzo giro. Non passò alla storia perché fu la Germania ad andare avanti. In perfetto accordo con la distribuzione di Gauss degli eventi casuali, spesso il primo errore si verifica al terzo o quarto rigore di ciascuna squadra. È anche piuttosto frequente che chi sbaglia per primo finisca per cavarsela, e Stielike di questo ringrazia tuttora il cielo. Altri gustosi esempi per un verso o per l’altro rimasti in testa: l’Italia di Euro 2021 che in finale digerì senza danni lo sbaglio di Belotti e, purtroppo, il Roma-Liverpool che decise la Coppa dei Campioni 1984 (subito tiro alto di Nicol e centro di Di Bartolomei, poi la catastrofe).

Ma questo Mondiale sradica sicurezze e credenze. Vale sin qui un’altra regola: vince chi segna il primo rigore. Più precisamente, perde chi lo sbaglia. Vediamo. La Croazia si è fatta largo a colpi di pareggi e implacabile precisione dagli undici metri, scavalcando in questo modo agli ottavi il Giappone e ai quarti il Brasile. Nikola Vlasic, attualmente al Torino, non si è lasciato confondere né dall’errore in apertura di Minamino né dall’ansia di doversi esibire subito prima di Rodrygo. Lui l’ha messa dentro, gli avversari diretti no ed ecco imboccata la strada dritta. Nell’altro ottavo in questione, il Marocco affidandosi a Sabiri ha lasciato a zero la Spagna. Che aveva fatto entrare Pablo Sarabia proprio perché rassegnata a giocarsela nella raffica conclusiva. Sarabia sì che è passato alla storia, per aver centrato un palo all’ultimo secondo di gioco e l’altro al primo rigore, praticamente senza nulla nel mezzo.

E allora rendiamo merito alla razionalità dell’Argentina. Mentre Neymar, che ai rigori è molto interessato, con il Brasile ha atteso il suo turno senza arrivarci, Scaloni non si è inventato nulla. Aveva in mano Messi, lo ha calato subito sul tavolo verde. Tanto più dopo che l’Olanda aveva sprecato il primo tiro con Van Dijk, capitano più temerario che coraggioso, uno che in Premier fanno calciare solo se obbligati con decreto legge. Messi ha arrotato il sinistro fino in fondo alla rete e ha alzato le braccia come lo staffettista che consegna il testimone dopo aver portato i suoi in testa. È così che funziona in Qatar: non vince chi pensa troppo, bensì chi resta leggero, allegro, banale. E chi può contare su gente alla Messi. Semplice come un gioco.


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