Rigorini, la svolta c’è ma non si vede

Rigorini, la svolta c’è ma non si vede© LAPRESSE
Edmondo Pinna
3 min

Sognare non costa nulla. Ognuno di noi ne ha uno, di sogno, in fondo al cuore. Quello alla voce designatore si chiama uniformità di giudizio, che pure detta così lascia il tempo che trova. Perché - e questo è risaputo - non ci saranno mai due episodi uguali, ogni contrasto, ogni contatto, ogni fallo è come il Dna, ognuno è unico, irripetibile e diverso dagli altri. Ma come succede in natura, pur non avendo due esseri identici, esistono forme di vita simili. Ciò che poi li sintetizza e li mette in equilibrio sono le condizioni esterne (leggi, norme, codici). Ecco, la formula potrebbe costituire facilmente il sogno di ogni designatore, al secolo Gianluca Rocchi, prima di lui Rizzoli, Messina, Braschi, Collina. Ognuno di loro ha anelato all’unico obiettivo che tutti inseguono, come fosse il Santo Graal: ad episodi simili (e non uguali), decisioni uguali (e non simili). Funziona così anche all’estero, da Rosetti (Uefa) a Collina (alla Fifa). L’impresa ha dell’impossibile, ma ognuno ci prova inseguendo la sua ricetta. Quest’anno, l’ordine dato da Rocchi, il designatore che piace alla Federcalcio che piace, è stato perentorio: «Non voglio più vedere i rigorini».

Stavolta lo ha detto davanti a tutti, non in camera caritatis a qualche amico, così da poter fare dietrofront sulla pubblica piazza. Ebbene, la tendenza, lo sforzo da parte degli arbitri c’è, anche a costo di esagerare (il subentrato Sacchi in Empoli-Fioretina, Haas su Sottil risolto da un improbabile fallo di mano; Prontera in Lecce-Inter, Blin su Dzeko; Aureliano in Samp-Lazio, la pizzicata di Marusic su Quagliarella; Doveri in Fiorentina-Juve, Cuadrado sulla schiena di Sottil; Maresca in Udinese-Roma, Becao su Celik; Sacchi - ancora lui - ieri pomeriggio in Monza-Atalanta, Marin su Malinovskyi). L’immediata conseguenza è l’inibizione di molti VAR (chi interviene più?). Ma poi c’è l’altro piatto della bilancia, con i rigorini dati da Rapuano (in Juve-Sassuolo a Ferragosto, leggero su Vlahovic, magari c’era su Alex Sandro prima), Ghersini (Bologna-Salernitana su Sansone) e poi ancora Marcenaro (Napoli-Lecce su Di Francesco che stiamo ancora guardando le immagini). Il che alimenta il partito dei giocatori che, incuranti delle avvertenze e delle modalità d’uso, continuano a provarci. Infine c’è l’eccezione che conferma la regola: il braccio largo di Mario Rui su Lazzari doveva essere sanzionato con il rigore. Sia esso simile o uguale a qualcos’altro.


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