Milan-Juve, la resa di Allegri e la forza di Pioli

Milan-Juve, la resa di Allegri e la forza di Pioli© AC Milan via Getty Images
Alberto Dalla Palma
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La resa della Juve è totale e arriva poche ore dopo la lettera con cui Agnelli aveva cercato di risollevare l’umore degli azionisti, a fronte di un passivo di 254 milioni, sottolineando la competitività della sua squadra e imponendo traguardi sportivi che oggi sembrano davvero lontani, se non proprio irraggiungibili. Il padrone bianconero aveva indicato nei successi immediati l’unica via di uscita da un tunnel senza luce ma come risposta gli è arrivata la triste esibizione di Milano, assolutamente negativa, come se gli ultimi segnali provocati dai successi contro il Bologna e il Maccabi fossero svaniti nel nulla. Un 2-0 senza storia, anche se il primo gol di un super Milan è arrivato dopo un fallo molto evidente di Theo su Cuadrado: ormai Orsato aveva deciso di non fi schiare più (duri almeno un paio di contatti precedenti, non sanzionati), così quell’azione ha provocato l’angolo del gol di Tomori. Altri si sarebbero aggrappati a un episodio così penalizzante per giustificarsi, non Allegri che ha avuto la forza e la lucidità di ammettere la scarsa competitività della Juve.

Un segnale d’allarme, proprio perché lo scudetto appare adesso così lontano da diventare un miraggio in un deserto senza acqua: i punti di distanza dalla vetta sono sette dopo la sconfitta del Meazza ma possono diventare anche 10 all’ora di cena. Il problema è che la squadra che abbiamo visto ieri sera sembra lontana, come atteggiamento e come gioco, anche da un posto Champions, traguardo minimo per contenere, appunto, un passivo di bilancio angosciante. Alla supremazia totale del Milan, che aveva colpito anche due pali con Leao prima dell’1-0 di Tomori, la Juve non si era opposta nemmeno con l’orgoglio. Il minimo indispensabile in campo, il compitino del maestro Max imparato a memoria, la scomparsa totale dei lampi che avevano illuminato l’Allianz in Europa. Lampi che avevano un nome e un cognome: Angel Di Maria, un fuoriclasse che non appartiene agli schemi e che inventa calcio da solo. I tre assist a Vlahovic e Rabiot e altre due o tre palle gol inventate per i suoi compagni avevano fatto credere a una resurrezione bianconera, smentita dalla partita contro i Campioni. Allegri potrà rilanciare l’argentino nel derby, dopo la doppia squalifica, e un giorno riavrà anche Pogba e Chiesa: talenti che vanno in proprio e lo aiuteranno a risalire la corrente, ma fi no a dove? Perché il padrone è nero e il bilancio rosso fuoco: il tempo è davvero poco.

Il Milan, invece, ha avuto l’energia per cancellare la batosta di Londra e recuperare la sua forza mentale, che è almeno pari alla capacità di giocare, di lottare e di vincere in qualsiasi condizione. La scelta di escludere De Ketelaere per sfruttare l’imprevedibilità di Brahim Diaz è stata vincente, come il coraggio di affrontare Vlahovic e Milik con l’ultimo centrale a disposizione, il giovane Gabbia: Pioli ha battuto Allegri su tutti i fronti, riagganciando Napoli e Atalanta in vetta. Comunque vada oggi alle sorprendenti rivali, contro Cremonese e Udinese, è chiaro che il Milan - a differenza della Juve - resta una delle grandi favorite del campionato. La prepotenza di Theo, la saggezza e l’agonismo di Tonali, l’estro di Leao e la sostanza di Giroud rappresentano le qualità con cui Pioli dovrà opporsi allo splendido calcio di Spalletti e del Napoli, talmente forte da permettersi anche di lasciare a casa Osimhen.

Con il successo di Reggio Emilia contro il Sassuolo, ottenuto in condizioni di enormi difficoltà per le assenze delle principali alternative in panchina, Inzaghi ha dato continuità alla vittoria sul Barcellona. L’Inter è ancora in ritardo, ma dopo l’1-1 di Frattesi la squadra si è rianimata, come in passato, trovando la forza di vincere con il gol numero 101 (in A) di Dzeko. Non è un successo banale, se inserito nel contesto del periodo nerazzurro: toccato nell’orgoglio e spaventato da un possibile esonero, Inzaghi ha recuperato la solidità del gruppo e fatto anche delle scelte forti, come quella di Onana al posto di Handanovic, capitano e icona nerazzurra. Un messaggio chiaro: sull’orlo del burrone, non ci saranno sconti per nessuno.


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