Infelici e scontenti

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Infelici e scontenti
Ivan Zazzaroni
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Parafrasando G. K. Chesterton, autore di ‘Magia: una commedia fantastica’, mi verrebbe da dire che «gli allenatori che si lamentano sono dei bravi, umani seccatori: non ho nulla contro di loro. Ma quelli che si lamentano di non lamentarsi, sono diabolici». Preferisco i primi, perché più veri e in fondo più responsabili. In questa strana estate del nostro calcio ne ho già contati quattro, tutti importanti: differenze solo nei toni e nei mezzi, non nell’obiettivo finale. Martedì Vincenzo Italiano ha denunciato un difetto di qualità e qualche ritardo nella composizione della squadra. Di solito il giovane allenatore della Fiorentina subisce in silenzio le decisioni della società. Questa volta però, dopo due finali in nove mesi, ha pensato bene di lanciare l’allarme anche per evitare un inizio di stagione simile all’ultimo. Sto con lui. Che voleva, e non ha ancora avuto, Nzola o Dia. A meno di tre settimane dall’inizio del campionato, si è sfogato anche Thiago Motta, bravo, puntiglioso e talvolta spigoloso, uno che non le manda a dire: «Non siamo attrezzati per la serie A» ha chiarito. È stato convincente al punto da indurre il presidente Saputo ad aprire il portafoglio. Non del tutto, un pochino.

Dell’insoddisfazione di Sarri per il mercato della Lazio si è molto scritto e parlato: i legittimi tormenti dell’allenatore, che in almeno tre occasioni si è confrontato con Lotito e Fabiani, hanno alimentato voci discordanti per tacitare le quali la società è ricorsa a un comunicato al miele d’acacia. E a tre acquisti in serie. Per evitare di incazzarsi pubblicamente, Mourinho si è invece affidato all’ironia, alle immagini, ai social: ha abbracciato il centravanti immaginario, mangiato un gelato alla mora(ta), indicato il 19, il numero di Alvarito, e altro ancora. L’estate scorsa lanciò la moda dei piedi incrociati davanti al computer spento, limitandosi a un «sono un po’ frustrato, ma tranquillo tranquillo».Nessun dubbio che si tratti del più efficace e brillante comunicatore della storia del calcio. Il guaio è che qualcuno è convinto che José, 26 titoli in carriera, sappia fare solo quello. Se per vincere sul campo bastasse saper comunicare, Lorenza Pigozzi di Fincantieri e Claudio Monteverde di Gucci, inseriti tra i primi 100 comunicatori al mondo, avrebbero già conquistato quattro Champions e altrettanti Mondiali per club.

È così difficile ammettere che Mourinho è un allenatore straordinario? Non gli andò bene allo United e al Tottenham, a parte l’Europa League a Manchester? Perché, chi è arrivato dopo si è divertito? Tutti esonerati. C’è un tempo per lamentarsi e uno per tacere, e questo è il tempo delle richieste, dell’insoddisfazione manifestabile apertamente. Una volta scattato il campionato e avallate le scelte, le lamentele non possono più riguardare la completezza dell’organico: calcio, arbitri e istituzioni forniscono tuttavia gratuitamente mille altri spunti. Assecondando un pensiero e il titolo di un libro di Giuseppe Berto, maestro dimenticato, non direi - come tanti - che i tecnici mettono le mani avanti, ma che la loro è semplicemente una modesta proposta per prevenire le solite dannose incazzature postume. PS. All’appello manca ancora un artista della lamentela, Gian Piero Gasperini, superbo valorizzatore di talenti, Hojlund l’ultimo suo capolavoro. Dopo aver fatto guadagnare 3/400 milioni all’Atalanta, ha adottato la tecnica di Totò-Pasquale: io pensavo fra me e me, voglio proprio vedere come va a finire.


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