Di Bello nella bufera, la frase shock degli arbitri nelle stanze dell’Aia

L'arbitro è finito nell'occhio del ciclione per le decisioni prese in Lazio-Milan e tornerà soltanto a maggio
Edmondo Pinna
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Arrivederci a maggio. Non è stato un bel “giorno dopo” per Marco Di Bello. Anzi. «Un arbitro finito» commentavano (anche con dispiacere) nelle segrete stanze della CAN e dell’AIA. Troppo quello che ha combinato. Per tornare in campo bisognerà aspettare una mesata. Per rivedere la A, se tutto andrà bene, maggio appunto, col campionato che finisce il 26. Marco Di Bello è un ragazzo d’oro, impegnato nel sociale. È testimonial dell’Avis (l’associazione che raccoglie i donatori del sangue, non ce n’è mai abbastanza), dell’Ail (contro le leucemie) e dell’Aido (per la donazione degli organi). Lo conferma la sua pagina Instagram che, fra tanti memorabilia della sua vita da direttore di gara, annovera anche le sue iniziative umanitarie. Ma da ieri è nell’occhio del ciclone per Lazio-Milan, dove ha sbagliato tutto quello che era umanamente (e non) possibile sbagliare. Rigore non dato su Castellanos, tre cartellini rossi sbagliati tutti e tre, gestione della partita, dei rapporti con i giocatori, totalmente errati. Ha “beccato” una confidenziale (la lettera di richiamo che succede in tutte le aziende quando si commettono errori gravi), ma era logico. Come lo stop tecnico, il secondo della sua stagione dopo Juve-Bologna. Forse bisognerebbe cominciare a fare qualche riflessione in più. 


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