Pagina 3 | Bove esclusivo: "Sto tornando, non riesco a maledire quel giorno"
Chiariamolo una volta per tutte, per lui non sei mai stato “cane malato”.
«Rispose così a una domanda in conferenza stampa, per lui ero e resto Edu. Alla portoghese. Eduardo».
La legge non ti consente di giocare in Italia e dubito che in futuro potrà cambiare.
«Non escludo niente. I medici non sono ancora giunti a una conclusione, potrei anche essere a posto, non credi? Ho la piena consapevolezza della situazione, sto da Dio e ho una gran voglia di tornare alla mia passione».
Pensa, potresti anche ritrovarti più forte tecnicamente.
«Dovrei fare del muretto, non della palestra».
Il gatto Oreo («come i biscotti») torna protagonista, si prende un po’ di spazio e qualche carezza prima di lasciare Edo all’ennesimo chicco d’uva.
Bove ha incassato lo scossone, oggi sembra che segua un percorso obbligato solo per discostarsene meglio. Mentre gli parlo ne percepisco l’equilibrio, l’armonia, la sensibilità.
L’ossessione del controllo ti è passata?
«Non ho potuto controllare ciò che mi è successo, e quindi, sotto sotto, sulle prime ero arrabbiato proprio per quello. Ora non sono più incazzato con me stesso, sono semplicemente proiettato verso quello che sarà, che dovrà essere».
Riflettevo sul fatto che sei una delle migliori espressioni del vivaio della Roma. Dunque, in Italia lavorare bene con i giovani, formarli per il grande calcio e la vita è possibile.
«Quelli della mia classe, 2002, sono diventati tutti professionisti: Calafiori, Zalewski, Cancellieri, Milanese, Darboe, altri sono in B o in C... L’unico autentico fuoriclasse resta uno del ’55, Bruno Conti. Per il quale provo tanto affetto e riconoscenza».