Schouten esclusivo: “Voglio l’Europa, Bologna mi ha cambiato la vita”

«Ho rinnovato: qui sto bene e posso conquistare un posto fisso in nazionale. Mi chiamano il “professore”: mi piace più di “lavatrice” che però è un ricordo, così mi ribattezzò Mihajlovic»
Schouten esclusivo: “Voglio l’Europa, Bologna mi ha cambiato la vita”© FOTO SCHICCHI
Giorgio Burreddu
17 min

Dicono di lui: bravissimo, umilissimo, gentile, pacato, dolce, educatissimo. Che barba, che noia. Così siamo andati a verificare se Jerdy Schouten avesse effettivamente aureola e saio. Le mani avanti le mette lui: «In campo mi arrabbio. Ho cambiato la mia mentalità, sono più cattivo. Sono stati Mihajlovic e il suo modo di allenare. Sinisa mi ha insegnato a non accettare di fare le cose all’ottanta per cento. Anche Motta è stato decisivo. Però è vero: fuori sono molto tranquillo». Il centrocampista più acclamato della Serie A, quello per cui anche la Lega ha dovuto twittare «è ovunque», vive sempre di più al centro del progetto Bologna. «Qui sto veramente bene. Infatti ho rinnovato. Altrimenti non lo avrei fatto». Si presenta in anticipo (cinque minuti prima dell'appuntamento), disponibile (dopo di noi una troupe olandese: due interviste di fila, miracolo), e con le idee chiare. «Siamo in un buon momento, stiamo bene fisicamente e di testa. Abbiamo affrontato partite difficili e le abbiamo gestite al meglio. Ma non vogliamo fermarci proprio adesso». 

Quindi, oggi, a Verona la partita più facile? 
«No, non cadiamo in questo tranello: non è facile. Sembra, forse. Ma sappiamo che loro devono giocare per la salvezza. Saranno aggressivi e anche noi dobbiamo essere così. Però sì, possiamo vincere». 
 
Il rendimento in trasferta è dalla vostra parte. 
«Abbiamo fatto un po’ meglio nell’ultimo periodo, ma dire il perché è difficile. Forse giochiamo meglio». 
 
Il fattore pubblico non conta? 
«Certo. Loro hanno i tifosi. In casa abbiamo i nostri, che sono incredibili. A Verona però saranno in tanti dalla nostra parte. Giochiamo per loro». 
 
Tutti vi fanno i complimenti. State diventando il modello-Atalanta? 
«Dobbiamo essere noi il modello. Anzi, avere il nostro modello. Non dobbiamo imitare un’altra squadra. Siamo il Bologna e se continuiamo così possiamo toglierci soddisfazioni». 

Essere un modello cosa vuol dire? 
«Fare ogni anno meglio di quello precedente. Se fai, se ragioni così puoi arrivare davvero in alto». 
 
Quindi l’anno prossimo sicuro in Europa. 
«Dipende da come finiamo adesso».  
 
Perché non si può pronunciare la parola? 
«Noi vogliamo finire il più in alto possibile. Se questo vuol dire Europa, ok: andiamo in Europa». 
 
Almeno ne parlate dentro lo spogliatoio? 
«Non parliamo di Europa, ma di arrivare il più in alto possibile sì. Forse non mi credete, sembra che io dica le cose che dice il mister (e ride, ndc), ma è vero: pensiamo alla prossima partita». 

Però, scusi, la differenza è sottile: più in alto possibile non vuol dire andare in coppa? 
«Sì, certo. Infatti può essere un obiettivo. Ovviamente si devono incastrare anche gli altri risultati». 
 
Dopo Verona ci sarà la Juve. Gara-spareggio? 
«Può essere uno scontro diretto, forse. Ma se non vinci a Verona? Certo, la gara con la Juve ha fascino. Anche se in questo periodo le partite sono tutte belle. Ripeto: se vinci con la Juve ma non hai fatto punti con il Verona che fai?». 

Con la Juve ci sarà anche Arnautovic?
«Questo non lo so». 
 
Lo vede triste? 
«Non stare in gruppo è difficile. Quindi non puoi essere allegro, è normale. Marko vuole giocare, vuole stare con noi e sta facendo di tutto per tornare il prima possibile. E' uno dei più forti della nostra squadra e con lui ho un ottimo rapporto, siamo amici, parla anche olandese». 
 
A proposito di olandesi: Zirkzee? 
«Per me sta facendo bene. A parte l’esperienza a Parma, di fatto questo è il suo primo anno in Italia. Sta mostrando la sua tecnica, la sua visione di gioco. Ne ha tantissima. E’ una risorsa». 
Ci parli di Motta. 
«Penso che il mister si concentri soprattutto sul gruppo, non tanto sui singoli. Ci fa lavorare bene insieme. Siamo migliorati anche per questo». 
 
Da lei cosa vuole? 
«Essere sempre disponibile, chiedere la palla, stare nel gioco. Penso di averlo fatto. Ma posso migliorare. Se mi guardo indietro, rispetto a quando sono arrivato, rispetto a quattro anni fa, sono cambiato. Sia come calciatore sia come persona». 
Intanto ha rubato il posto a Medel… 
«Da Gary ho imparato molto, è uno con tanta esperienza in mezzo al campo. Ha grinta, voglia, ho appreso moltissimo».  
 
E che persona si sente? 
«Più grande, più maturo. Sono arrivato in Italia giovane, forse non giovanissimo. Ho lavorato per essere dove sono». 
 
Motta è più uno da dialogo o uno che si impone? 
«A volte è duro, e deve essere così in certi casi. Ma con noi parla tanto, si confronta, chiede il nostro parare. Alla fine decide lui, questo è ovvio. Ma ci coinvolge». 
Un esempio? 
«Sulla tattica. Se lui pensa che dobbiamo difendere così o così si informa, chiede se siamo d’accordo. Se dice “dovete fare questo” ma noi non ci crediamo veramente ogni cosa è più difficile». 
 
E gli avete mai detto no? 
«Sì, è successo. Poi non è che sempre cambia, eh». (E ride). 
 
La chiamano Professore. Le piace? 
«A volte i compagni mi chiamano così, è vero. Sempre meglio di lavatrice (ride, ndr). Ma visto che così mi chiamava Mihajlovic è bello anche quello».  
 
Professore, che voto diamo a questo Bologna?
«Diciamo un 7. Ma possiamo molto migliorare. Sono un professore severo». 
 
Chi l’ha stupita quest’anno? 
«Ferguson. Sembra non faccia mai cose straordinarie, invece fa sempre la cosa giusta. Avere uno così al tuo fianco è molto comodo, molto bello». 
E’ vero che lei ha imparato l’italiano in tre mesi? 
«Mi piace studiare. Non tutto, ma se una cosa mi interessa mi applico. Ho appreso la lingua in poco tempo soprattutto perché è molto importante comunicare. E i primi mesi non sono stati semplici». 
Se non avesse fatto il calciatore? 
«Ah, avrei fatto qualcosa con la matematica. Mi piace molto, come la geometria. In qualche modo, forse, l’ho fatto col mio ruolo». 
 
Prima della gara d’andata, era agosto, Mihajlovic in conferenza stampa disse: «Un incedibile? Jerdy». Lei si sente incedibile? 
«E’ difficile da dire. Gioco spesso, e quindi mi sento importante, mi sento delle responsabilità. Valorizzato. E io cerco di dare il massimo, in ogni allenamento, in ogni partita». 
 
A Bologna che cosa ha trovato? 
«Qui mi piace tutto, è la città giusta, né troppo grande né troppo piccola. Io e Kirsten amiamo vivere qui, a giugno ci sposeremo. Viviamo con il nostro cagnolino Monty». 
Veri i contatti con il Feyenoord dei mesi scorsi? 
«So che hanno contattato il club, ma più di quello non so». 
A 19 anni ha rischiato di smettere per una sindrome compartimentale. 
«E’ stato un periodo molto brutto per me. Però mi ha insegnato a non perdere mai la fiducia. Avevo girato cinque ospedali, al sesto mi hanno trovato quello che avevo». 
 
Ha avuto paura? 
«Sì, ho rischiato di giocare con molti problemi. Non avrei smesso, credo. Forse non avrei fatto il professionista. Mi fecero due interventi alle gambe, poi sono stato fermo undici mesi». 
 
L’anno scorso ebbe un lungo stop. Stesse paure? 
«All’inizio un po’ sì. Non trovavano nulla, io avevo male, sentivo dolore. E mi dicevano: “Jerdy, noi non vediamo nulla”. Ma il dolore io lo sentivo. Li capivo, non trovavano, non vedevano, che dovevano fare? Però io il male lo avvertivo». 
 
Le fecero anche una scansione 3D del corpo. 
«Sì, è stata un’analisi molto approfondita. All’ultimo, poi, hanno visto qualcosa. E avevo ragione io, non stavo inventando un male. Tutto si è risolto. Però sono stati mesi brutti. Ero in Olanda, la squadra la guardavo dalla tv...».  
Quanto conta la testa nel calcio? 
«Tantissimo, quasi più del fisico. Oggi giochiamo molto più di testa, anche se fisicamente stiamo bene. Motta ci allena moltissimo».  
 
Prima dei Mondiali in Qatar Gullit, in tv, rimase stupito di non vedere il suo nome nei convocati. 
«E’ stato un grande complimento. E’ molto bello quando uno così parla bene di te. Io non l’ho mai visto giocare, sono troppo giovane. Il mio giocatore preferito era Fabregas. Soprattutto il Fabregas dell’Arsenal. Che giocatore incredibile. Non ho ancora avuto modo di incontrarlo. Quasi quasi chiedo a Binks (ex Bologna, oggi al Como, ndr), così mi faccio dare una maglia». 
 
Si è sentito poco valorizzato in Olanda? 
«No, affatto. Ho scelto Bologna. Voglio andare in Nazionale, quello è un sogno e sono fiero di esserci andato almeno una volta. Ora voglio arrivarci con continuità. Passa da qui, da come gioco col Bologna». 

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