Ranieri, la risposta a un calcio senza tempo

Prima o poi doveva succedere. Era meglio poi, ma Claudio ha deciso così: chiude con il calcio, da signore
Alberto Polverosi
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Prima o poi doveva succedere. Era meglio poi, ma Claudio ha deciso così. “C’è ancora una vita davanti e me la voglio godere finché posso”, parole sue, una sera in un albergo di Firenze, qualche settimana fa. Pensava a sua moglie Rosanna, donna splendida, forte e paziente che l’ha accompagnato in giro per tutta Europa. Basta partite, Londra non è solo il Chelsea, la Spagna non è solo il Valencia e l’Atletico Madrid, Montecarlo non è solo il Monaco, al posto degli stadi ci saranno i monumenti, al posto degli allenamenti le passeggiate. Sarà curioso scoprirlo da turista. Resisterà? Mah. 

Ranieri, la risposta di un calcio intramontabile

Claudio Ranieri chiude col calcio. Ci stava ancora bene, da signore. In questi tempi da scienziati, uno come lui era la risposta di un calcio che non tramonta. Domani sarà la sua ultima panchina, proprio contro la Fiorentina, uno dei suoi grandi amori, dopo Cagliari, forse anche dopo Roma, ma le squadre che ha allenato le tiene tutte dentro di sé. Quello che lascia lo hanno detto i tifosi: il giorno di Roma-Leicester l’Olimpico tutto in piedi a cantare il suo nome, il giorno di Fiorentina-Cagliari tutto il Franchi ad applaudirlo. Lo hanno detto anche i suoi giocatori quando li riunì nello spogliatoio e disse: “Se sono io il problema, tolgo il disturbo”. Si alzò Pavoletti e gli spiegò, a modo suo, che non era proprio il caso. 

Ranieri, stile british e cuore testaccino

Per quello stile british sembra nato nei dintorni di Oxford, ma il cuore è quello di Testaccio. Ha giocato in un Catanzaro antico e i ragazzi di quel gruppo, le famiglie di quel gruppo, le ha sempre riunite attorno a sè. È da quel fantastico ritiro di Ampezzo, estate ‘81, che quell’uomo ha rappresentato per chi scrive l’idea di un calcio vero e soprattutto di un’umanità straordinaria, compresi i momenti delle nostre baruffe, perché ci sono state. Quando due anni fa gli hanno chiesto di consegnare al vincitore il premio intitolato a Ciccio Rialti, che lui chiamava “il mio trichecone”, è volato a Firenze. Come può un uomo così non mancare a questo calcio? 


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