Il diavolo veste Pradè

Il diavolo veste Pradè
Ivan Zazzaroni
3 min

Un paio di giorni dopo che la Fifa aveva fatto sapere ai media internazionali di essersi riunita a Montevideo con il gotha dei procuratori mondiali per tentare di porre un freno alle intermediazioni selvagge - e poco importa se i procuratori convocati erano sconosciuti financo ai parenti stretti: ho mostrato la foto dei presenti a tre fra i più noti agenti del momento e nessuno di loro è stato in grado di riconoscere un collega -, il direttore sportivo della Fiorentina, Daniele Pradè, ha ricordato che «nel calcio di oggi ci sono situazioni in cui siamo quasi prigionieri di agenti e procuratori». Della serie, dàgli a quel can!

Molto opportunamente Pradè, amico personale da una vita, ha avuto la delicatezza e l’arguzia di aggiungere il “quasi” che in qualche modo gli ha permesso di rifugiarsi in angolo: è dirigente di notevole esperienza, sensibilità e cultura, oltretutto abituato a navigare nei mari a forza 9.

Il tema era ovviamente la cessione di Dusan Vlahovic alla Juventus che ha messo in crisi i rapporti della nuova Fiorentina con la propria, appassionatissima tifoseria, ma che ha comunque fruttato alle casse della società 75 milioni di euro, non due bruscolini più il bonus di una coca light.

«Non potevamo rischiare di perdere il calciatore a parametro zero» ha giustamente aggiunto. «Su Vlahovic non voglio dilungarmi, dopo le parole di ieri di Commisso».

E in effetti non si è dilungato, anche perché nessuno gli ha chiesto come e attraverso chi fossero arrivati a Firenze Ikoné, Cabral e Piatek: in tutte e tre le operazioni proprio i maledettissimi agenti hanno avuto un ruolo determinante.

Sono contrario agli attacchi generici: non aiutano a fare pulizia, a migliorare. Tutt’altro. In tutti i settori e in tutte le categorie - restando al calcio, proprietari, amministratori, dirigenti, calciatori e giornalisti - ci sono quelli capaci e gli incapaci, gli onesti e i disonesti, i professionisti e i dilettanti, i benefattori e i ricattatori. E i paraculi. Una bella assunzione di responsabilità nel percorso di rilancio del calcio italiano potrebbe consistere nel sottolineare le differenze, nell’indicare chi approfitta dell’assenza di una regolamentazione condivisa per procurare altri danni al calcio e chi si comporta correttamente.

Diavoli e angeli hanno facce e metodi opposti: perché non ricordarlo? Ma, soprattutto, perché non affrontare seriamente la questione dei contratti in scadenza con gli altri presidenti, oltre che con gli organizzatori di incontri occasionali con sei perfetti sconosciuti? Solo fumo, tanto fumo negli occhi al pubblico; solo e soltanto inganni e autoinganni e improduttive campagne di sputtanamento di categoria. Ci sono diavoli che per osmosi riescono a superare il limite della decenza: qualcuno li accoglie e li spinge a trasgredire.

Non va mai dimenticato, poi, che dietro un procuratore ingordo e malandrino c’è sempre un calciatore che pretende di più. O la sua famiglia.


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