Il paradosso degli insulti di Bergamo: zero provvedimenti verso i cori razzisti

Ora sappiamo che c’è almeno un posto, il Gewiss Stadium di Bergamo, dove le discriminazioni sono democratiche. Uno straniero e un meridionale vengono insultati alla stessa maniera...
Il paradosso degli insulti di Bergamo: zero provvedimenti verso i cori razzisti© LAPRESSE
Bruno Bartolozzi
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Ora sappiamo che c’è almeno un posto, il Gewiss Stadium di Bergamo, dove le discriminazioni sono democratiche. Uno straniero e un meridionale vengono insultati alla stessa maniera. Sale il brusio sugli spalti e sembra di sentire il sergente maggiore Hartman, addestratore delle reclute marines in Full Metal Jacket, il capolavoro di Stanley Kubrick: «Io sono duro, ma giusto, qui non si fanno distinzioni razziali, qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani o messicani». E così Terracciano, portiere della Fiorentina, nato in provincia di Caserta, giovedì sera per qualche hater è diventato un «terrone», mentre Nikola Milenkovic, nato invece a Belgrado, è più semplicemente uno «zingaro». L’insulto è una cosa seria da queste parti. Nessuna preferenza, zero differenze anche fra nativi di Belgrado: proprio in questa stagione, sempre a Bergamo, Dusan Vlahovic venne offeso per giunta in favore di telecamere, come mesi dopo è accaduto al suo concittadino. Era l’11 settembre, l’attaccante, ora passato alla Juve, veniva intervistato e tutti poterono udire il coretto e il leit motiv: «Zingaro». Non che il vento della stupida e abitudinaria discriminazione (che poi è solo la premessa del razzismo) non soffi ovunque. Anche a Firenze un “goliarda” insultò Koulibaly, ma Fiorentina e Commisso si scusarono, si cercò e venne trovato l’autore a cui fu comminato il Daspo. Ma a Bergamo il governo del calcio, l’Atalanta, le forze dell’ordine e la magistratura non hanno fatto nulla, né a settembre né in questo giovedì di Coppa. Forse perché se il razzismo è democratico merita l’attenuante.


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