Sapeva essere cordiale, numerosi i messaggi che ci siamo scambiati, fino al giorno in cui si arrabbiò tantissimo perché avevo rifiutato pubblicamente di partecipare alla presentazione del magnifico centro sportivo di Bagno a Ripoli censurando alcuni atteggiamenti tenuti dal club con i colleghi di Firenze. Non credo che mi abbia mai perdonato del tutto, so soltanto che amava immensamente il Guerin Sportivo che dirigo. «È la mia Bibbia», diceva. E raccontava che, bambino, partiva dal Bronx per andare ad acquistarlo a Manatthan, sulla 6th Avenue. «Ogni settimana mi riavvicinava all’Italia, alla serie A». Il 19 maggio scorso, entusiasta, mi scrisse questo: «Penso che siamo un esempio per le società medio grandi italiane soprattutto a livello di gestione. Non so se nella storia la Fiorentina sia mai arrivata in finale in due competizioni della stessa stagione. Riuscirci lavorando seriamente e con i conti in ordine in Italia è sempre stato utopistico. Per noi, a maggior ragione, di vanto e orgoglio. Questa sera è una festa del calcio italiano in tutto il mondo, 3 in finale!!!». In lega, dove da figura laterale era diventato in fretta centrale, Barone si ritrovava in particolare nelle posizioni di Claudio Lotito («ne ho intuito le capacità e abbiamo gli stessi interessi»). Era un tipo da battaglia, la Fiorentina gli deve molto.