L'Inter più che di Messi ha bisogno di un buono psicologo

L'Inter più che di Messi ha bisogno di un buono psicologo© Inter via Getty Images
Alessandro Barbano
4 min

Conte resta, Marotta resta, Ausilio resta, il mercato sarà oculato, l’obiettivo non è più vincere lo scudetto ma migliorare. Che vuol dire? Che si è chiuso uno psicodramma esistenziale, non un conflitto societario e sportivo. Il tecnico salentino esce da questa brutta pagina di calcio come un rodomonte disarcionato. Sul suo lanciafiamme Zhang ha gettato, con sapienza confuciana, un secchio d’acqua, spegnendolo. È il primo vero successo gestionale di questo presidente non ancora trentenne. Che ha avuto la freddezza di far prevalere la ragione all’impulso.

L'Inter e le pretese di Allegri

E la ragione mostrava tutto intero il prezzo della discontinuità: Conte ha due anni di contratto a una cifra decisamente pre-Covid; le sue intemperanze, per sgraziate che siano, non giustificano una giusta causa; l’Inter paga ancora lo stipendio a Spalletti; le pretese di Allegri non sarebbero state da meno; di più, la squadra è stata costruita a immagine e somiglianza dell’allenatore uscente. Cambiarlo avrebbe significato buttare giù un palazzo e cominciare a ricostruirlo. Con l’occhio del fair play puntato contro, e a spalti chiusi, sarebbe stata un’impresa improba perfino per un colosso come Suning.

Ecco perché Zhang non ha sbagliato nulla

Zhang non ha sbagliato nulla. Ha lasciato raffreddare gli animi, ha tessuto una tela sapiente di contatti riservati con il tecnico, poi lo ha incontrato circondato dai dirigenti che Conte aveva identificato come i nemici. E gli ha spiegato con le buone maniere che quei dirigenti non si toccano. Perché non sono coloro che gli mettono i bastoni tra le ruote. E non sono i delatori delle sue privatezze ai giornalisti. Da cui Conte non accetta critiche.

La campagna acquisti dell'Inter

In tre ore di colloquio il tecnico ha dovuto prendere atto che il suo universo soggettivo cozza con la realtà. Perché tutto ciò che è accaduto all’Inter, nel bene e nel male, è stato condiviso con lui. Compresa la campagna acquisti, costata nella prima stagione 180 milioni di euro. Lo stesso accadrà quest’anno, ma con gli investimenti oculati che la congiuntura consente. La garanzia strappata da Conte è poco più che una finzione, pare tanto un balsamo contro l’ansia da prestazione del tecnico salentino. Che vuol dire infatti che l’obiettivo non è quello di vincere lo scudetto, ma di migliorare? In che modo dovrebbe migliorare l’Inter, giunta quest’anno a un punto dalla Juventus? E una simile rassicurazione quanto vale per un allenatore che si consideri un vincente?

Conte, una vittoria di Pirro che in realtà è una retromarcia

La vittoria di Pirro di Conte è una retromarcia. Del resto anche lui non aveva ragioni per rinunciare a un ingaggio ancora biennale, che forse nessuno in Europa oggi sarebbe disposto a riconoscergli. Perciò la coabitazione è per tutti la soluzione più giusta. Con l’auspicio che il tecnico ritrovi la serenità perduta e che i risultati cementino la fragile fiducia ricomposta nell’incontro di ieri. Morale della favola, perché di favola si tratta: più che di Messi - che pure da ieri è in fuga da Barcellona - l’Inter ha bisogno di un buono psicologo.


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