Il segreto di Simone il Campione: fenomenologia di Inzaghi

Quando Marotta lo scelse per prendere il posto di Conte, in molti dicevano che non avrebbe mai emulato il predecessore. Invece, il primo a credere in se stesso è stato lui: lo scudetto è la sublimazione del lavoro di un tecnico che non ha bisogno di apparire per essere. E con la seconda stella interista si è consegnato alla storia del calcio
Xavier Jacobelli
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Adesso che Inzaghi è diventato Simone il Campione, consegnandosi alla storia del calcio italiano poiché è sotto la sua guida che l'Inter ha conquistato la seconda stella, è prevedibile un assalto in massa al pullman scoperto del trionfo. Fra i primi a sgomitare ci saranno sicuramente quelli che tre anni fa, quando Marotta lo scelse per sostituire Conte, si dicevano certi che non avrebbe mai emulato il predecessore. Eppure, all'epoca, il signore piacentino aveva 45 anni, si era lasciato alle spalle il quinquennio laziale durante il quale era stato l'unico a rompere il dominio juventino sul campionato, rifacendosi nelle coppe nazionali (una Coppa Italia e due Supercoppe con i biancocelesti), specialità in cui ha eccelso anche a Milano (2 Coppe Italia e 3 Supercoppe di fila). Il fatto è che Simone il Campione è sempre stato il primo a credere in se stesso per essere più forte di tutto: lo scudetto è la sublimazione del lavoro di un tecnico che non ha bisogno di apparire per essere.

Inzaghi, la Champions e quel complimento di Guardiola

Lo spessore dell'uomo, prima ancora che dell'allenatore, si è misurato anche quando, all'inizio della stagione scorsa, nello stesso ambiente interista veniva alimentato il fuoco amico. Ma ve le ricordate le voci di esonero che, un giorno sì e l'altro ancora, si propalavano sui social bar o perché era arrivato secondo nel 2022 o qualora non fosse andato avanti nella Champions League 2023? Dove, invece, alla fine riportò l'Inter in finale dopo tredici anni d'inseguimento, dalla Madrid mourinhiana. E come non rammentare il miglior complimento che Simone ricevette dal suo inimitabile avversario, Pep Guardiola, al termine della partita di Istanbul? "L'Inter ha giocato così bene contro il City che, se la moneta fosse caduta dalla sua parte, Inzaghi avrebbe meritato la Champions tanto quanto me".

Inter, ecco la seconda stella

Il ventesimo scudetto della Beneamata consente a Zhang il Giovane di allineare sette trofei nella bacheca di Viale della Liberazione, emulando addirittura Angelo Moratti, lungo la salita alla cui sommità siede Massimo Moratti, che si erge a quota 16. L'impresa di Inzaghi esalta la scuola tecnica italiana e rimarca il salto di qualità del gioco interista dove tutti, tranne Sommer s'intende, alla bisogna fanno tutto, nella camaleontica capacità di adattarsi ai diversi scenari tattici che maturano durante la partita. Sotto questo aspetto, Simone si è rivelato un autentico maestro, esaltando le doti dei giocatori a sua disposizione, senza snaturarle e lavorando anche per il Club Italia che sul blocco interista fonderà le sue ambizioni europee. Si dirà: bella forza, considerato l'organico a disposizione. MIca tanto: provate voi a gestire una rosa di 25 giocatori, con un battaglione di nazionali e ciascuno di loro smanioso di essere partecipe a pieno titolo di un'impresa destinata a rimanere negli annali: adesso, la seconda stella ce l'hanno solo l'Inter e la Juve.

Inzaghi e lo Scudetto, un punto di arrivo

Goditela tutta questa soddisfazione, Simone. Sei il primo a essere consapevole quanto questo sia un punto di partenza, non di arrivo. È proprio per questo che hai già cominciato a spostare più in là le ambizioni di un'Inter, così forte da avere dominato il campionato in lungo e in largo e con il pensiero che corre già alla prossima Champions e al Mondiale per club. Gran bel lavoro.


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