Juve, Allegri nel mirino: sente il rumore dei nemici

I risultati sono solo un pretesto, il tecnico livornese è nel mirino perché è contro le mode e non è omologabile
Juve, Allegri nel mirino: sente il rumore dei nemici© Juventus FC via Getty Images
Massimiliano Gallo
4 min

I nipoti aprono il cuore, lo comprendiamo. Sono eventi che segnano passaggi significativi nella vita di un uomo. Ma speriamo che Allegri ci perdonerà se gli ricordiamo che neanche l’affetto per il nuovo arrivato è un buon motivo per abbandonare una battaglia culturale che ha lui tra i pochi, pochissimi, sostenitori. Comprendiamo che ci sono momenti in cui la solitudine e la stanchezza possano prendere il sopravvento. Ma se ne faccia una ragione: è e sarà sotto pressione (al netto della sua reazione scomposta e sbagliata a Sky) non per i risultati. Quello è il pretesto. Allegri è sotto pressione per il suo non essere omologato. Per non aver abbracciato la moda: fu lui a definire Carlo Ancelotti un allenatore non alla moda: «Poi le mode passano e i classici restano, e lui è come i vestiti grigi o blu, non passa mai di moda».

Lingua tagliente

È uno dei tanti affronti della sua tagliente lingua livornese. Su questo non deve fare passi indietro. Perché non è soltanto questione di corto muso, di vittorie (volute o meno) per 1-0. Allegri è l'uomo della denuncia circostanziata della mutazione del calcio, è lui che sottolineò la mancanza di dribblatori perché nelle scuole calcio i bambini sono irreggimentati nell'abc del tiki taka. Quanto ha ragione, come ben sa chiunque ha un figlio (o un nipote) che gioca a pallone in queste scuole. È la sua abiura che vogliono. Del resto solo se immersi in un clima irragionevole si può essere processati per aver vinto 1-0. Come se fosse un’offesa. Klopp per 1-0 ci ha vinto la Champions. Löw un Mondiale. E potremmo andare avanti all’infinito. Per non parlare di chi ha svoltato la propria carriera vincendo ai rigori. È il calcio. Oseremmo dire, è la vita. Lui non solo ha scelto di non essere alla moda ma anche di sfidare a brutto muso la nuova élite culturale. Ora deve tenere duro. Sa benissimo che non gli verranno concesse indulgenze. Possiamo comprendere il suo stato d’animo, vorrebbe che qualcuno gli riconoscesse che nelle ultime quattordici giornate in Serie A solo il Napoli ha fatto meglio della Juventus. Al netto della sentenza della giustizia sportiva, da metà ottobre ad oggi la sua Juve ha recuperato 2 punti all’Inter, 9 alla Roma, 10 al Milan, 12 alla Lazio, 14 all’Atalanta. Ma non gli sarà riconosciuto perché lui indossa la divisa di altro colore, per dirla alla De Andrè.

Lezione per il nipotino

Ci perdoni l’ardire, ma è questa la lezione per il nipotino: non derogare dalla propria visione anche se costa l’isolamento. Il tiro ad Allegri è qualcosa che evidentemente va oltre il campo. Qualsiasi sia la posizione che ciascuno può avere in merito alla penalizzazione, è ovvio che lui sta provando a tenere in piedi una barca che da mesi naviga in acque tempestose. Che ha perso l’armatore perché per lui era stato chiesto addirittura l’arresto. Sul futuro della Juventus circola di tutto: non solo il meno 15, ma scenari di serie B, serie C, esclusione dalla coppe europee. Per non parlare di ipotesi futura di vendita. Dalla sera alla mattina è cambiato il management. E lui è lì, a dover tranquillizzare le truppe, a provare caricare i calciatori per partite che secondo la narrazione dominante finiranno per essere inutili. E come se lavorasse in un clima da “si salvi chi può”. È una fatica immane. Nonostante questo clima oggi la Juventus sarebbe seconda in classifica a 47 punti. Lontanissima dal Napoli sì, comunque seconda. Nessuno glielo riconoscerà, se ne faccia una ragione. È la sua resa culturale che vogliono. Che esca con le mani alzate. Ossia con qualche frase sulla bellezza di un gol dopo 134 passaggi consecutivi. È questo che pretendono: l’Allegri rinnegato.


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