Fagioli, parla il suo medico: "Il gioco è come la droga, ci si sente invincibili"

Le parole del Dottor Jarre: "Un problema per almeno 40 atleti. Troppi soldi"
Giorgio Marota
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«Nicolò in questo momento sa che non è solo, sa che la Juventus non lo abbandona». La notizia del rinnovo fino al 2028 si trasforma in un acceleratore di benessere anche per la terapia che il dottor Paolo Jarre sta portando avanti con Fagioli. Per affrontare i propri demoni e cercare di cominciare una nuova vita, il centrocampista si è affidato a uno dei massimi esperti sulll’azzardo patologico. Dottor Jarre, a quali conseguenze può portare questa scelta? «È un investimento in fiducia. È dare una prospettiva stabile alla sua carriera e direi alla sua vita, dando contenuto a quel vuoto interiore che Nicolò sentirà per i prossimi 7 mesi. Sapere che c’è qualcuno che non solo lo aspetta, ma che crede ancora in lui, può davvero salvarlo».

Fagioli, poi Tonali. Secondo lei il fenomeno è in espansione?
«Credo di sì. Il problema del gioco d’azzardo riguarda dall’1 al 3% della popolazione. In Serie A ci sono circa 500 calciatori, quindi coinvolgerebbe dai 5 ai 15 atleti. Siccome poi sono maschi, giovani, con tanti soldi, tanto tempo libero e in media hanno un basso livello d’istruzione, quell’1-3% va moltiplicato almeno per 3. Per me il problema riguarda almeno 40 calciatori di A» .

Magari non scommettono tutti sul calcio.
«Vero, ma quel confine è singolare: lo sportivo professionista diventa ricattabile perché si indebita e, volendo, può ripagare i debiti molto facilmente facendo scommettere i creditori magari su una propria ammonizione... ll problema non lo risolviamo facendo una differenza di discipline, dire che non è un problema se un calciatore scommette milioni su altri sport la trovo una banalizzazione un po’ ipocrita».

I ragazzi di quell’età sanno gestire patrimoni così ampi?
«Si sentono invincibili. Hanno una quantità di soldi enormemente superiore rispetto a quello che serve loro. Un medico dopo 30 anni di lavoro guadagna 4.500 euro al mese, loro 100 mila a inizio carriera. I soldi per questi ragazzi sono come delle fiches, in tasca è come se avessero denaro del Monopoli». Sono ragazzi che nella vita hanno tutto o quasi. Perché rovinarsi con le scommesse? «Perché una puntata al gioco d’azzardo attiva nel cervello l’equivalente di una sostanza psicoattiva, è quasi una droga. Dà le stesse sensazioni di un gol, di un assist, di un rigore decisivo. Il lavoro che va fatto con i ragazzi ludopatici è diminuire i picchi e abituarli a spalmare quel piacere tramite gratificazioni che durano nel tempo».

Perché ci si rivolge ai circuiti illegali?
«Perché quelli legali non garantiscono la stessa “dose” di dopamina. E poi non garantiscono in toto l’anonimato, hanno limiti di vincite che i calciatori ritengono irrisori e non concedono nella fase iniziale i crediti che danno le piattaforme illegali».

Dottore, la pandemia ci ha davvero reso più fragili?
«Sì, ci ha messo in una condizione di isolamento improvviso. Dopo la pandemia le persone bevono di più, usano più droghe, fumano di più, giocano di più d’azzardo».


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