Se il neologismo è permesso, c’è un tarlo che rode il presente della Juve e non è la partita con il Napoli al Maradona dove, come ha ricordato Allegri, i bianconeri non vincono da cinque anni. Il tarlo si chiama dopoismo, cioè pensare sempre al dopo, disegnare o prefigurare scenari prossimi venturi, anziché concentrarsi su quelli di giornata. È il caso della questione allenatore: non passa vigilia, antivigilia, pre o post partita senza che al signore di Livorno, capace di sfondare il muro dei mille punti in carriera, non venga chiesto che cosa farà da grande. E la risposta non può che essere sempre la stessa: ho un contratto sino al 2025, riparliamone quando sarà il momento.
Allegri, a Napoli una prova di maturità
Dicono che la solidità di una squadra si misuri anche dalla sua capacità di rendersi impermeabile alle voci e alle congetture sul futuro di chi la guidi. Ecco perché, proprio a Napoli, la Juve è chiamata a una prova di maturità per sé e per Allegri, contro un avversario che, in settimana, giocando a tennis con il Sassuolo, ha cominciato a ritrovare se stesso. Soprattutto, a ritrovare Osimhen e Kvaratskhelia: a Reggio Emilia s’è visto, eccome. Napoli-Juve vale molto per Calzona. Ma vale tanto anche per Allegri. Provare per credere.