
Novantadue minuti, ne mancano soltanto tre alla fine. Il Bologna è meritatamente in vantaggio, Italiano sta per realizzare il capolavoro personale dell’anno eppure - al solito - non si copre, non chiede ai suoi di arretrare e ragionare. Non, e basta. Miranda sulla trequarti, scoprendo la fascia (por qué! por qué! por qué!) sbaglia il passaggio per Iling-Junior e la Juve parte in contropiede sull’Autostrada del Sole, Vlahovic allunga e serve Mbangula che con un tiro a giro - ormai lo fan tutti - trova il pareggio.
Pochi minuti prima lo stadio aveva cominciato a urlare (novità stagionale) “fuori i coglioni!” all’indirizzo dei giocatori di Motta. L’invito è stato raccolto e la Juve ha ottenuto il nono pareggio nelle prime 15 partite di campionato, che vale l’undicesimo punto nelle ultime 7. Ha così evitato il crollo, la prima crisi.
Il Bologna è stato splendido per un’ora, Ndoye aveva mangiato le noccioline di Superpippo, Dominguez e Castro han fatto numeri da circo e la Juve non ci ha capito un tubo. Il 2-0 di Pobega ha indotto la Juve a tentare qualcosa di serio e disperato: Koopmeiners, fino a quel momento inesistente, ha trovato la posizione davanti alla difesa e, oltre a quella, il punto del 2-1.
Adesso la cronaca la lascio a Patania che era sul posto.
La Juve è ancora molto distante da quella vagheggiata dai narratori e dubito che sia per colpa delle assenze, un paio delle quali importanti. È una squadra spesso confusa, con poche titolarità definite e insomma non ha ancora un’anima. Se mi chiedessero di indicare i punti fermi di Motta risponderei Kalulu, Cambiaso (uscito subito per infortunio), Koopmeiners, Conceição e Vlahovic, che al momento non ha sostituti di ruolo. Troppo pochi dopo cinque mesi di lavoro: occhio ai delusi, agli insofferenti, agli spiazzati.