Juve, Vlahovic e la libertà di labiale
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Juve, Vlahovic e la libertà di labiale

Leggi il commento sul caso dell’attaccante bianconero
Cristiano Gatti
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Non è neanche il caso di scomodare Orwell e il suo “1984”, con questi poveracci così coatti, così compressi, così spiati dall’occhiuto Grande Fratello, da non riuscire più a respirare. Qui siamo a un livello molto più infimo, settore bassa macelleria, diciamo dentro a un telefilm americano, quelli di una volta, quando il poliziotto metteva le manette al farabutto e gli pronunciava la famosa formula «... ogni parola potrà essere usata contro di te», eccetera eccetera. 

Il labiale, è il labiale la grande conquista della società civile, questo gioco perverso della tecnologia che ci permette – a noi pervertiti – di ricostruire quanto chiunque stia dicendo in qualunque momento. Como, tocca a Vlahovic: già ha i suoi problemi, tant’è vero che sta seduto in panchina, ma persino qui il momento cupo gli tira contro perché la telecamera e i successivi decodificatori gli ritorcono addosso poche parole pronunciate all’indirizzo del compagno Gatti. Guarda la palla, non guarda l’uomo: cose così, cose di lavoro, neanche gli avesse detto ladro e giuda. Eppure tanto basta perché la macchina dell’Inquisizione si metta a sferragliare senza pietà, beccato, il labiale non mente, cosa c’è sotto, nervosismo per l’esclusione, rema contro, spogliatoio spaccato. 

Siamo nell’epoca d’oro della privacy tutelata e controfirmata in tutto e per tutto, ma continuiamo imperterriti a sbirciare in tutti i buchi della serratura. Siamo al punto che è un labiale usato in un certo modo a costruire la realtà più funzionale al mercato. Con un buon labiale puoi tenere in piedi mezz’ora di dibattito, puoi elaborare titoli ficcanti, puoi persino incidere negli equilibri di una squadra. Poi ti credo che la gente va in giro in quel modo pietoso, con la mano davanti alla bocca, eventualmente rimettiamoci la mascherina delle pandemie, perché no, è un’idea... 
È così moderno, tutto questo? Può darsi davvero che siamo arrivati molto avanti. Nella stagione sinistra dei dossieraggi, degli spioni informatici, delle voci finte ricostruite con l’Intelligenza Artificiale per spillare soldi ai Moratti, siamo qui a impiccare Vlahovic sul labiale di Como. Ma come nel “1984” di Orwell, la sensazione è che ci siamo conquistati questo paradiso sacrificando qualcosa di parecchio prezioso, qualcosa che nonostante tutto vale ancora tutto, la libertà. Il fatto è che indietro non si torna.  


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