Milinkovic e il mercato a Ferragosto

Leggi il commento dopo il ko contro il Genoa della Lazio
Milinkovic e il mercato a Ferragosto© ANSA
Stefano Chioffi
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ROMA - La smorfia di Sarri, mentre chiude il block-notes e si alza dalla panchina, esprime alla fine tutte le sensazioni di una Lazio confusa, smarrita e battuta anche dal neopromosso Genoa, dopo il sonno e la brutta figura a Lecce. Due partite, il buio, zero punti. Mancano i movimenti, il ritmo e l’elettricità: non è lo stile del gioco di Sarri. Partenza sciagurata, da incubo. Manovra involuta, reparti distanti e scollegati. Difesa fragile, quasi mai protetta, come era già avvenuto una settimana fa. Così è nato anche il gol di Retegui, corteggiato nei mesi scorsi dal club di Lotito. Una Lazio piatta e sbagliata nell’atteggiamento, almeno per mezz’ora, quando ha protestato per due possibili rigori negati su Immobile e Zaccagni. Errori in costruzione, poca benzina, nervosismo. Baricentro un po’ più alto nella ripresa: pressing, la traversa di Immobile, la freschezza di Isaksen, il 4-2-4 sperimentato da Sarri con l’ingresso di Castellanos accanto a Ciro. Ma la Lazio attuale è un cantiere, una fotografia sfocata, non ha niente in comune con quella che a giugno aveva festeggiato il secondo posto e la qualificazione in Champions. 

Dopo un mercato lento, svolto con i tempi classici di Lotito, Sarri è stato costretto a infilarsi in questo campionato senza una base fondamentale: gli è stata negata l’opportunità di investire in un mese di lavoro, tra ritiro e amichevoli, potendo contare subito sull’erede di Milinkovic, l’unico fattore cruciale della nuova stagione. Una priorità diventata, in modo paradossale, quasi contorno. La seconda sconfitta di fila, in attesa dell’arrivo di Guendouzi, fa riemergere gli ostacoli di un’estate in cui i ritardi hanno complicato i programmi del tecnico. È vero che la squadra ha perduto solo un titolare rispetto a un anno fa, ma Milinkovic aveva caratteristiche uniche e garantiva tante soluzioni di gioco: rappresentava molto più di una semplice somma di gol e assist, risultava decisivo con il suo fisico e le sue sponde, faceva funzionare il binario destro, innescava gli inserimenti di Marusic (o Lazzari) e di Felipe Anderson. Ora Sarri sta disegnando un’altra Lazio, perché un centrocampista in grado di bilanciare realmente la qualità e lo spessore di Sergej - uno del calibro di De Bruyne e Odegaard - sarebbe costato un pozzo di petrolio e Lotito non ha rilanciato neppure per Zielinski, il nome che gli era stato suggerito dal suo allenatore addirittura a marzo, quando il serbo aveva preannunciato a tutti il desiderio di lasciare Roma. Rimodellare la Lazio è un obbligo, una necessità, considerando che Kamada non ha mai ricoperto il ruolo di mezzala nel 4-3-3. E che la trattativa per Guendouzi, differente da Milinkovic, si è sbloccata solo ieri. Intoppi che hanno scandito due mesi al rallentatore, tra affari in sospeso e una girandola di obiettivi accarezzati, inseguiti, sfumati o bocciati. Una corsa a ostacoli per un perfezionista come Sarri, che auspicava rapidità e condivisione. Il calcio delle figurine appartiene solo agli album. Ma è un concetto difficile da far comprendere, forse, a quei presidenti che pensano e scelgono in totale autonomia. Prima il Lecce, poi il Genoa, in attesa di affrontare il Napoli e la Juve in trasferta. Manca Milinkovic, certo. Ma l’errore più grave è stato un altro: fare il mercato a Ferragosto.  


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