Lazio, la strada per l’Europa

Leggi il commento sulla situazione dei biancocelesti di Sarri dopo la vittoria contro il Frosinone
Lazio, la strada per l’Europa© Getty Images
Franco Recanatesi
15 min

ROMA - L’orchestra di Sarri ha steccato per 70 minuti, spinta all’inferno dal rigore chirurgico del bambin d’oro Soulé. Ancora bruciacchiata dopo un’esibizione agghiacciante, giustamente fischiata dagli impavidi tifosi nell’intervallo, è riemersa grazie all’impennata dei nuovi attaccanti, improvvisamente resuscitati, ma anche al sorprendente afflosciarsi degli avversari, convinti di avere già vinto la partita a più di mezz’ora dalla fine. Nel giro di tre minuti Castellanos e Isaksen hanno affondato la barchetta di Di Francesco, Patric ha messo poi il sigillo alla vittoria più larga della stagione biancoazzurra (e facendolo in rimonta, impresa che non riusciva da più di un anno). È dunque finita in gloria all’Olimpico, ma i trenta minuti finali, comunque estratti da ogni disegno, non salvano il ricordo di una partita che con il gioco del calcio ha poche parentele. Il Frosinone ha perduto una grande occasione, comprensibile il misero bottino di due punti in trasferta. Ha retto finché la Lazio si è data la zappa sui piedi, con la sufficienza di una difesa accorta, di Gelli vivace sulla corsia sinistra, di Brescianini appiccicato allo spauracchio Guendouzi, ma senza ordine, senza lampi perché Barrenechea che doveva dettare i tempi (ma Mazzitelli dov’era?) è apparso ombroso e Soulé, rigore a parte, non ha mostrato il suo repertorio. Di Francesco era comprensibilmente furibondo, ci teneva assai, cuore romanista, a far bella mostra contro i suoi “nemici”, non nascondendo alla vigilia la possibilità di batterli. È bastato che la Lazio mettesse un piede fuori dal letto perché la sua squadra si squagliasse, pure in una serata gelida. Il primo gol alla Lazio della storia del Frosinone, dopo sei incontri, è quindi caduto nel vuoto. 

Per la Lazio il rigore ha avuto l’effetto di uno schiaffo. Via le mollezze, via il calcio barocco che nel primo tempo avevano impedito ogni atteggiamento bellicoso. Irritanti gli svolazzi di Felipe Anderson persino nell’area di rigore, un fantasma Kamada, Guendouzi prigioniero dei tanti elogi che gli sono arrivati sotto l’albero di Natale. Il centrocampo ha retto (!) con il coraggio di Rovella che pareva un tergicristallo correndo da una parte all’altra, su e giù, gli strappi erano iniziative isolate di Pellegrini e Zaccagni che hanno portato minacce (ma un solo tiro nello specchio nel primo tempo). 
Zaccagni ha suonato la carica anche dopo il rigore, portando a spasso i suoi controllori e creando panico nell’area del Frosinone e mascherando con i dribbling, la velocità e la precisione nei servizi le assenze dei totem di Sarri. Da Ciro, nella sua versionemigliore, si è mascherato Castellanos quando il vento è cambiato. Un gol di testa (il primo della Lazio quest’anno). L’assist per Isaksen e tanto altro. Da Luis Alberto nessuno è riuscito a mascherarsi, tanto meno il giapponese errante, e senza la luce dello spagnolo la macchina di Sarri ha il motore pieno di sabbia, scricchiola e sbuffa. 
La seconda vittoria consecutiva resta il miglior risultato di questa povera partita, regala alla Lazio la ragione di puntare ancora all’Europa, però basta. L’indicazione più realistica, e non nuova, è la necessità che Lotito, lasciando perdere la Ferrari, dovrebbe prendere la borsa e andare al mercato sotto braccio al suo allenatore. 

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