Lazio, altalena Lotito: Champions, calo e tecnico in discussione

Era successo con Rossi, Pioli e Inzaghi. Ora la storia si sta ripetendo con Sarri: la squadra arrivata quasi al vertice, torna indietro e deve ripartire. E bisognerà aprire un nuovo ciclo
Fabrizio Patania
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Le discese ardite e le risalite. «Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi». Mica viene in mente solo la canzone di Lucio Battisti. E’ la gestione ventennale della Lazio. Un passo avanti e due indietro. L’altalena di Lotito, voluta o meno, è certificata dai risultati. Sarri sta entrando nella stessa scia dei predecessori, lapidati dalla pubblica piazza (senza trascurare i malumori del presidente) nella stagione della Champions. Pesa eccome in campionato, è inevitabile. Un dettaglio supera qualsiasi perplessità: Mau non aveva mai perso tre volte di fila (Fiorentina fuori casa, Milan all’Olimpico e Bayern) da quando allena la Lazio e sono già trascorsi tre anni con 138 partite. La flessione si è concretizzata a febbraio: cinque sconfitte nelle ultime otto partite, la tempistica non è casuale e il calendario ha contribuito. Ha inciso la tradizionale ritrosia di Lotito a intervenire a gennaio: vale la pena ricordare che la Lazio, prima di volare in Arabia Saudita per la Supercoppa, era a meno 1 dal quarto posto. Ora accusa un ritardo di sette punti dalla Roma, nessuno sa se il quinto posto varrà per la Champions, in corsa anche Atalanta, Napoli e Fiorentina. Sarri lo sapeva benissimo: era inutile chiedere rinforzi, perché la società (con l’incice di liquidità in ordine) non lo avrebbe accontentato, anche se Pedro va per i 37 anni, Zaccagni era fermo. Sarri si era sgolato invano in estate, quando servivano giocatori in grado di alzare la concorrenza e tamponare la cessione di Milinkovic (9 gol e 8 assist nell’ultimo campionato di Serie A, nella stagione precedente 11 e 11). Nel frattempo ha valorizzato Gila, ha inserito Isaksen, Guendouzi lo ringrazia, Cataldi non aveva mai giocato a livelli così alti. Rovella, mollato dalla Juve, è fermo per la pubalgia. Il Taty lo aspettiamo.

Crisi Lazio, tutti i dubbi

Quest’anno le difficoltà di Ciro, l’eclissse di Felipe (in scadenza) e gli infortuni di Zaccagni hanno accentuato la sterilità offensiva in parte rilevata nella stagione del secondo posto. La Lazio, richiuso nel cassetto il sogno dei quarti Champions, ora dovrà evitare contraccolpi negativi. Undici giornate di campionato per provare a risalire, le semifinali di Coppa Italia. E un nuovo ciclo, vista la carta d’identità di diversi giocatori, da immaginare. Con chi, non si sa. Sarri ha appena spiegato che i contratti nel calcio contano in modo relativo. Segnale chiarissimo. Milan, Fiorentina e forse Napoli entrerebbero in gioco. Fabiani frena. «Non c’è ragione di discutere l’allenatore e ha un altro anno». Ieri mattina era irritato per i tanti nomi accostati (non sul nostro giornale) alla panchina. In serata è stata diramata una nota. «La Lazio conferma, qualora ce ne fosse bisogno, la totale fiducia in Sarri, precisando che ha un contratto in scadenza nel 2025. Tutte le voci che accosterebbero altri allenatori alla Lazio sono destituite di fondamento». Lotito, ogni anno, decide a fine maggio. Ricordate Inzaghi? Salutò dopo la Champions. Storie viste e riviste, cambiano solo i nomi e le scadenze.


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