Ancelotti e il curioso retroscena con l'arbitro dopo Napoli-Atalanta

Colloquio richiesto dopo il caos in campo ma a parlare non era Giacomelli: ecco cosa è successo
Ancelotti e il curioso retroscena con l'arbitro dopo Napoli-Atalanta© ANSA
Antonio Giordano
4 min

NAPOLI - Le ombre, e ce n’erano, s’erano già prese la notte intera: e in quelle tenebre, tra l’amarezza umana e la sofferenza professionale, l’unica luce poteva arrivare dal monitor, da un televisore che aiutasse a capire dove si nascondesse l’errore e, soprattutto, quanto fosse enorme. Un frame, una sequenza d’immagini, una risposta per farsene una ragione di tutto ciò capitato in quei minuti «deliranti», persi tra l’incredulità per un rigore apparso solare (nonostante l’ora) e poi quel vortice che stava inghiottendo tutti, dopo che Napoli-Atalanta era diventata altro, non più una partita ma un caso.

Ancelotti e il post-partita, ecco il curioso retroscena 

Il retroscena di questa pazza giornata, racchiusa in una scena-madre, comincia alle ventuno circa d’una serata gonfia d’ira e di veleni, un cartellino rosso sventagliato sotto al naso d’un uomo nato calmo e poi divenuto leader, quello al quale Giacomelli chiede «aiuto per placare gli animi» e lo riceve. «Certo che sì, te lo sto dando, ma un dubbio non ti viene?». Fuori, per la seconda volta in Italia (con la Roma in panchina il figlio Davide), con la sua onestà intellettuale limpida e ribadita appena tre giorni prima, a Ferrara, quando per rimuovere le nubi della dietrologia e dell’accanimento a tanto al chilo fa chiarezza («quello concesso a noi non era rigore, le mani del difensore sono attaccate al corpo») e dunque non ha appigli, né alibi per se stesso: «Carlo, andiamo a parlare». Cristiano Giuntoli ha provato a spargere gocce di camomilla in uno spogliatoio rovente come una fornace e però sa che c’è un ruolo da rispettare e anche un protocollo: avvicina Ancelotti, gli riferisce che è arrivato un invito, e il post-partita diviene un botta e risposta, civile (e ci mancherebbe) su punti di (s)vista che non coincidono.

In cinquanta anni di calcio, un allenatore può avere anche una preparazione tecnica sul regolamento dettagliatissima, oppure arricchirla - alla luce delle nuove norme nelle quali è lecito smarrirsi perché qui le cambiano a colazione, a pranzo e poi anche a cena - confrontandosi immediatamente con chi sa di norme, di leggi e di Var, di tesi e di teorie e là dentro, nello stanzone dove ci sono Giacomelli, i suoi assistenti, il quarto uomo e gli «addetti» alla tecnologia, si può adesso provare a discutere e confrontarsi con chi ha arbitrato la partita, con chi si è assunto (o non è riuscito a farlo) responsabilità che pesano come una pietra tombale su Napoli-Atalanta, trasformata in un nano secondo da una (non) scelta. Però a disquisire, e a lungo, è il signor Luca Banti, 45 anni, ex arbitro, Video Assistant Referee che stavolta non assiste, ma interviene e stupisce Ancelotti. «Ma scusa, perché parli tu? Non è stato lui a dirigere la gara...?». Erano otto amici al Var....


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