L'Olimpico è la sintesi di questo momento da scacciare via
ANCELOTTI - Il week end amaro è cominciato all’Olimpico ma poi è continuato, perché quando si chiude una partita si apre un orizzonte nuovo, nel quale spingersi: la rabbia di Carlo Ancelotti è rimasta a lungo soffocata sul pullman, dove l’allenatore si è accomodato a fine partita, lasciando che fosse suo figlio Davide a gestire ogni apparente dettaglio, e però focalizzando i punti chiave di un discorso fatto alla squadra ieri mattina, con uno spogliatoio chiuso a doppia mandata e nel quale, oltre ai calciatori, c’era Cristiano Giuntoli, con la sua espressione seriamente infastidita. L’Olimpico è la sintesi di questo momento da scacciare via, in fretta: «Voglio vedere la cattiveria». Perché a Roma e prima a Ferrara, s’è perso il “sacro fuoco”, spentosi tra le pieghe di partite double-face, ormai non più consentite: undici punti dal primo posto, erano dieci anni che il Napoli non se ne stava così lontano dal vertice, e però in quel momento era soffocato in un’altra vita, a quel tempo la sua, veniva fuori dall’esonero di Donadoni e se ne era appena impossessato Mazzarri; stava cominciando una nuova era, un processo di crescita poi sviluppatosi anche rapidamente, mentre adesso, dinnanzi a questa involuzione stilistica e aritmetica, Ancelotti è uscito dalla sua proverbiale calma e, senza mai alzare la voce, però è andato a pizzicare le corde di ognuno, ha chiesto di scuotersi.