NAPOLI - È stato bello, bellissimo finché è durato. È stata la favola del principe azzurro del gol di nome Ciro, del capitano napoletano e di un immenso Comandante della difesa che la gente amava più d'un centravanti. Che storia, la storia di Mertens, Insigne e Koulibaly: totem, simboli, giganti. E che bravi Ospina, il portiere che calciava come un centrocampista, e Fabian, uno che con il sinistro la metteva dove voleva. Applausi, inchino, chapeau. Sì: ma poi è venuto il momento dei saluti. I cuori infranti dell'estate napoletana, quelli di una contestazione dura e irriducibile, hanno ricominciato a battere con entusiasmo e gioia. Facciamo anche ritrovato amore dopo lo splendido avvio della squadra in Italia e in Europa. Amore viscerale per il Napoli di Kvaratskhelia, Kim, Raspadori, Simeone e compagnia: c'erano un georgiano e un coreano che poco più d'un mese fa si prestavano all'ironia della diffidenza, ma oggi Kvara e Minjae sono sempre in copertina. E mica soltanto a Napoli: le luci di San Siro, del Maradona e di Ibrox. Le luci della ribalta e un incubo trasformato in un sogno scudetto da uno straordinario Spalletti: il passato è glorioso, è sacro, ma da qualche settimana si parla soltanto di presente.
Rigenerazione
E allora, la nuova era: fino ad agosto l'aria era piena di rimpianti per la cessione di Koulibaly e Fabian e i mancati rinnovi di Insigne, Ospina e Mertens - tremendo colpo per il popolo azzurro -, ma poi è successo qualcosa. Di bello: sono esplosi Kvaratskhelia e Kim, gli uomini acquistati per sostituire Lorenzo e Kalidou; Jack e il Cholito hanno cominciato a segnare e a decidere più di Ounas e Petagna (altri ceduti); Meret ha ripreso a volare leggero come l'aria sotto lo sguardo della chioccia Sirigu; e Di Lorenzo, Rrahmani, Mario Rui, Anguissa, Lobotka, Politano, Zielinski e Osimhen - la vecchia guardia - si sono messi a dirigere l'orchestra dei nuovi con stimoli rinnovati e una maestria da leader finora inespressa. Squadra e spogliatoio rigenerati a dispetto del timore di aver perso esperienza e spessore internazionale: coraggio, testa, personalità e fame. E poi talento, giovani talenti: l'impatto di Kvara, 21 anni di piroette e tiraggiro georgiani, è stato devastante; Kim ha esibito solidità e disinvoltura da grande difensore; Simeone ha lottato e graffiato da centravanti vero, con tanto di capolavoro da primato con il Milan; Raspadori ha inciso in campionato e in Champions. Da esordiente: proprio come Kvicha, Gio e molti altri.
Presente e futuro
L'ultimo Napoli ha dato spettacolo, s'è goduto il genio di Lorenzo, l'arte da fuoriclasse di Mertens e il totem Koulibaly, però ha vinto poco: la Coppa Italia 2020. Molto poco rispetto agli obiettivi costruiti con merito, inseguiti e poi smarriti sul più bello: lo scudetto 2021-22 è un rimpianto grande così; e due anni fa, lo stesso gruppo aveva mancato la qualificazione Champions in casa con il Verona. L'idea dominante è che un ciclo era finito, probabilmente già con l'ammutinamento dell'era Ancelotti: la rivoluzione studiata dal club non è stata improvvisata. Anzi: il mercato è stato super e presto verrà anche il tempo di Olivera, Ostigard e Ndombele. Tutti di valore. Tutti: ecco perché Napoli ha deciso di godersi il presente. E di sognare il futuro.