Napoli, Osimhen tra i Fab Four

Haaland, Lewandowski e Mbappé, poi, nonostante i guai, c’è il nigeriano: nessuno in Europa segna come questi quattro in rapporto ai minuti giocati
Napoli, Osimhen tra i Fab Four© LAPRESSE
Antonio Giordano
4 min

NAPOLI - Ci sono un norvegese, un polacco, un francese e poi c’è quel nigeriano, che è pure un po’ napoletano, che per completare i Fab Four del gol ha scelto di sistemarsi alle spalle del calcio in tutte le sue espressioni e lo ha arricchito di suo. C’è quel giovanotto, ventidue anni compiuti a luglio, che è appena costato un occhio della fronte del City: sessanta milioni di euro della clausola rescissoria, una vagonata di bonus per management e familiari e alla fine il tintinnio d’un centinaio di milioni complessivo per farne uno sceicco del gol. C’è quel “vecchietto”, così si dice, che a trentaquattro anni ha smosso il Gotha, ha salutato il Bayern e se n’è andato al Barcellona: quarantacinque milioni - e sembra cinque di bonus - per andare sull’usato sicurissimo, la fantascienza che scende in area di rigore. E poi c’è il francesino, dicono che ora abbia il mal di pancia, non ne voglia più sapere di stare al Psg nonostante abbia appena firmato il rinnovo fino al 2025, però vai a capire se è vero per uno che sembra guadagni 100 milioni di euro a stagione e ne abbia preso altri trecento alla firma: una Banca, a pensarci bene. Victor Osimhen sta alle spalle di Haaland, Lewandowski e Mbappé, non dev’essere sgradevole sentirsi ai piedi del podio: tre gol al Sassuolo e sono diventati 8 in 731 minuti, la media di uno ogni 91'. Il norvegese va di fretta, ne fa uno ogni 57'; il polacco si esibisce ogni 77' e il francesino, che pure ha una velocità supersonica, scappa a braccia aperte incontro al vento ogni 82': è un’allegra compagnia, con cui divertire il calcio.

Lo show

A Osimhen la vita ha sorriso tardi, dopo averlo spremuto lungo le strade di Lagos, a vendere bottigliette di acqua minerale; gli ha strappato i genitori prematuramente; poi l’ha sballottato di qua e di là, cercando di raccattare sogni, inseguendo gli aquiloni. Il Napoli è comparso nell’estate del 2020, 49 milioni effettivi in una complicata operazione che con Karnezis e tre giovanotti ha prodotto un affare da 80 milioni: l’area tecnica - il diesse Giuntoli e il capo area scouting Micheli - avevano la dritta giusta, l’intuito che li ha accompagnati anche in quest’estate. Il Covid e poi l’infortunio alla spalla e poi la commozione cerebrale a Bergamo e poi la frattura a San Siro con la capocciata fortuita di Skriniar e poi tutto quello che ancora gli è successo, non ha minato le certezze. Quando il Manchester United si è presentato attraverso messaggi diretti o subliminali tra giugno e luglio, il discorso è stato soffocato; e al Newcastle che a gennaio aveva pure pronto un bonifico da cento milioni di euro fu evitato di entrare nel dettaglio.
Il mercato è chiuso per fenomeni come questi, che ne fanno una a partita, e Osimhen ha scoperto il senso della felicità a Napoli, è diventato papà e sta per assecondare anche Spalletti, che gli ha tracciato l’orizzonte: «Può diventare un top player e, nonostante tutto quello che sta facendo, ha ancora amplissimi margini di miglioramento».

The best

Osimhen si è dovuto fermare pure stavolta, ne ha già saltate sette perché stavolta i capricci li ha fatti un bicipite femorale che l’ha strappato alla favola con il Liverpool, all’andata, proprio sul più bello: stavano già sul 2-0 e dovette arrendersi. Però il tempo è un galantuomo e sa lenire le ferite: domani si ricomincia, ma da Anfield. E da Haaland, Lewandowski e Mbappé. Tanto si sa che ognuno frequenta i propri simili.


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