Il Napoli si gode Osimhen e Kvaratskhelia, due viceré dell’attacco in Europa

Ventisei gol in due: sotto porta soltanto Haaland e Foden hanno fatto meglio di loro
Il Napoli si gode Osimhen e Kvaratskhelia, due viceré dell’attacco in Europa© LAPRESSE
Antonio Giordano
4 min

CASTELVOLTURNO - Fa molo strano: e così, hanno cominciato, nello spazio largo o in quello stretto, in contropiede o staccando di testa, dialogando tra di loro o anche no, tanto che fa, mica è obbligatorio. Però, ridendo e scherzando, hanno costruito un castello pieno di labirinti irrisolvibili per uomini che ormai sono sull’orlo di una crisi di nervi: quando Khvicha parte, Victor se ne sta largo, fa movimenti che stordiscono, osserva e se occorre interviene; e quando Osimhen s’allunga, Kvratskhelia l’insegue negli scarichi, si sistema a distanza non ravvicinatissima oppure sì, e se è necessario dà una mano. Il Made in Naples ormai è un prodotto da esportazione, lo trovi negli highlights di mezzo Mondo, dell’intera Europa, è quel tandem che sta immediatamente nei pressi - alle spalle - di Haaland e Foden, i piccoli principi della Manchester del City, però poi tiene alle spalle uomini da copertina, il glamour del calcio, tipo Lewandowski e Pedro, tanto per dirne una; o Mbappé e Neymar, per buttarsi tra le stelle. Ok, è la coppia giusta, è fashion, trasversale, non soffre di timidezza, non ha paura delle grandi, non si intenerisce dinnanzi alle provinciali, le ventisei reti in serie A vengono solo dopo i 32 di Haaland e Foden e sistemano tra i comuni mortali i cosiddetti gemelli del gol del Monaco e del Psg, del Tottenham e del Barcellona, del Lione o del Bayern.

E sono 41

In questa gigantesca giostra nella quale Osimhen e Kvratskelia si sono accomodati, c’è energia alternativa e una felicità contagiosa, un talento che esonda e numeri da mille e una notte: nei settantanove gol del Napoli, per 41 volte ci hanno messo il piede o la testa e comunque l’anima il nigeriano o il georgiano, una società in affari per regalarsi lo scudetto nello stadio ch’è stato di Maradona, che a lui è intitolato e che da trentatré anni sta aspettando di rivivere ciò che resta nella memoria di quei fantastici anni ’90.

La pepita

Si sa, dal pipita alla pepita è una vocale, ma Osimhen ormai non si ferma più, ne ha segnati otto nelle ultime sei partite, è a quota diciassette in campionato (più uno in Champions), ha sistemato un’opzione sulla classifica marcatori e, continuasse con la media avviata l’8 gennaio a Marassi ed esaltata con Juventus, Salernitana, Roma, Spezia e Cremonese, finirebbe persino per sgretolare il primato del suo predecessore argentino. Alla soglia dell’impossibile, Osimhen si è avvicinato assieme a Kvara, una specie di Harry Potter che fa con il pallone ciò che vuole, lo nasconde agli avversari e poi la fa ricomparire per sistemare un tiraggiro o qualcosa che gli somigli, per andarsene a coricare come fa Stephen Curry. Kvaratskhelia e l’altra faccia tosta del gol, lo scugnizzo della fascia sinistra che stringe per chiudere con il destro, un tiranno che t’affronta con lo sguardo basso, un po’ irridente, e poi se ne va a testa alta a far festa: undici gol (complessivi) e dodici assist rappresentano la gioielleria portata in dote, per ora, dalla Georgia da questo ventiduenne che sa fare tutto, pure calciare i rigori, diventato per un attimo un tarlo esistenziale di una squadra prossima alla perfezione e che adesso ha pure trovato il proprio specialista dal dischetto. Kvara non lascia niente, neanche quel pallone che domenica Sernicola avrebbe voluto mandare in angolo, che il georgiano ha controllato, ha governato poi ha adagiato nell’angolino lontano, come se fosse un laser. Lui e Osi, di nuovo assieme: é sempre la somma che poi fa la differenza....


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