Napoli, tutti i retroscena sulle frizioni tra Spalletti e De Laurentiis

Il tecnico informato del rinnovo unilaterale con una lettera. Il prolungamento silenzioso al 2024 è un duro colpo al rapporto umano
Napoli, tutti i retroscena sulle frizioni tra Spalletti e De Laurentiis© ANSA
Antonio Giordano
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La mattina del 19 aprile, quando ancora il signor Marciniak ma soprattutto il rumeno Kovacs gli tormentavano l’anima Champions dopo il Milan , Luciano Spalletti intuisce che qualcosa sta cambiando nella sua vita, nonostante tutto: mentre è rinchiuso nella sua stanza di Castel Volturno, l’eremo per uno scudetto, e din anzi a sé non ha occhi che per quel Var e il rigore negato a Lozano, e non ha orecchie per le imprecazioni al vento di Anguissa e Kim, squalificati da San Siro, il Napoli comincia ad allontanarsi dalla sua ombra. Una lettera, così fredda e formale, gli è appena stata recapitata, contiene qualche frase complimentosa per la stagione e soprattutto annuncia che è stato esercitato il diritto d’opzione per il rinnovo del contratto sino a giugno 2024 attraverso una Pec . Così, in quel linguaggio burocratico che non prevede neppure un filo di sentimento - né un sorriso, né uno sguardo - il suo futuro viene definito attraverso un’antica promessa, che certo ha un valore, e nessuna concessione all’empatia. Non è un caso, non lo è con Spalletti, che in una delle cicliche conferenze stampa la frase-regina diventi una, sfruttata a mo’ di messaggio subliminale o anche, chi può dirlo?, come cicatrice sulla ferita: «Non ci sono problemi, il club aveva questa possibilità e l’ha esercitata. Li ringrazio per avermi avvisato».

Lo stato d'animo di Spalletti: cosa non lo convince

Le facce parlano, a modo loro, raccontano pure gli stati d’animo, in quel caso la sofferenza che si può cogliere perché traspare nel ghigno e che nasconde le prime riflessioni che sanno d’amarezza, vanno oltre l’aspetto puramente professionale, raccontano un modo di essere che comprende pure l’empatia sfiorita in quell’atto meccanico, la rappresentazione di una rapporto che diventa esclusivamente giuridico, dettato dal rispetto di scadenze che ignorano il vissuto. E non ci sono ulteriori frizioni, divergenze sui programmi o interessi economici, non c’è il dialogo o l’acquasantiera per dirsi di nuovo e ancora sì. A Udine, in quel caso è proprio finita, cominciano le danze e c’è la celebrazione di un evento che Napoli ha atteso da trentatré anni e De Laurentiis da diciannove, c’è un passaggio nella notte, dinanzi agli avidi taccuini, che riassume l’umana meditazione di un allenatore assediato dai propri pensieri. «Non stiamo facendo il processo di quando è arrivata questa comunicazione, è andata così. Dal mio punto di vista io penso che ci si debba parlare sempre, per andare a comprendere ciò che si possa creare d’importante per il Napoli».

Spalletti-De Laurentiis: è stata l'ultima cena?

Su quel cellulare impazzito, come è ovvio, un bip al nano-secondo, messaggi e telefonate che arrivano da tutta Italia, c’è il silenzio da Napoli, dove c’è De Laurentiis al Maradona : è il secondo incipit d’un romanzo che rischia di introdurre troppo in fretta ai titoli di coda, che inonda di inquietudine, che traccia un solco tra questi due universi paralleli ma improvvisamente lontani. E però tutto resta confinato nella riservatezza, Spalletti s’affida a quella vena burlesca ch’è caratteristica dei napoletani e anche dei toscani, s’infila nella sua Panda per andare a tavola al centro di Napoli con Aurelio De Laurentiis, con Andrea Chiavelli e con Antonio Sinicropi , in un luogo così pubblico che non può essere un confessionale o magari sì, perché per farsi sentire poi non è necessario alzare la voce ma è sufficiente esprimere con chiarezza la propria natura che resta soffocata sotto una capote di rispettosa discrezione, da lasciar azionare al Napoli, ad Adl: «Se resto, dev’essere la società a dirlo». Forse, è stata quella l’ultima cena.


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