Questo non è il Napoli: come stanno davvero le cose

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Alessandro Barbano
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Tagsnapoli

Sarebbe bello nascondersi dietro il capolavoro di Khvicha e Jack e rinunciare a vedere ciò che Union Berlino-Napoli ha mostrato. Sarebbe bello immaginare che il dribbling incontenibile del georgiano, il suo lucido altruismo e lo scatto rapace di Raspadori fossero il simbolo di un’armonia e un’egemonia tattica. Sarebbe bello guardare alla vittoria, che ipoteca la qualificazione, e al quarto posto in campionato che tiene il Napoli ancora in gioco per lo scudetto, pensando che, in fondo, ogni rodaggio ha qualche bullone da avvitare. Eppure, a costo di apparire eretici, sentiamo il dovere di uscire dalla comoda retorica che accompagna il risultato utile, e suonare un allarme grande quanto le aspettative di una squadra da tricolore e da Champions, che non è in condizione di ripetersi. 
Perché ha dismesso i sostantivi e gli attributi che l’hanno portata in cima alla considerazione dell’Europa. Il primo su tutti: il palleggio veloce. Una virtù archiviata e sostituita da un fraseggio prevedibile, contro il quale anche una squadra modesta come quella di Fischer riesce a opporre un pressing asfissiante e un raddoppio della marcatura che chiude agli azzurri ogni spazio. Lobotka ieri ha sbagliato almeno quattro passaggi a centrocampo, più di quanti ne aveva falliti durante tutta la scorsa stagione. Perché non ci sono più smarcamenti rapidi, sovrapposizioni, incroci. L’offensiva azzurra si muove al trotto, avanza e arretra contro il muro degli avversari senza riuscire a liberarsi mai per il tiro o ad aprirsi un varco che non sia frutto dei numeri individuali del suo fuoriclasse georgiano. 
Spiace doverlo dire dopo una vittoria, ma questo non è il Napoli. Ed è bene prenderne atto, piuttosto che rallegrarsi dei tre punti contro una formazione, quella tedesca, che ha perso nove incontri consecutivi e che somiglia a una delle tante provinciali italiane in lotta per la salvezza, con poche idee e confuse. Contro questa modestia tecnica e tattica gli azzurri di Garcia hanno sofferto più di quanto era lecito aspettarsi, rischiando nel primo tempo di passare in svantaggio.

Cosa manca al Napoli

E poi, giunti finalmente al gol, hanno chiuso la gara in un catenaccio che offende la dignità del calcio partenopeo. Fuori Kvara, dentro Ostigard, davanti alla difesa, per proteggersi dall’assedio dell’Union Berlino e buttarla in avanti più lontano possibile. Non è questo un finale degno per una squadra di vertice. 
A questa incompiutezza tattica si aggiungono limiti strutturali, frutto di una campagna acquisti inadeguata al rafforzamento. Né Natan, né Cajuste sono giocatori adatti a una squadra che l’anno scorso ha fatto cento punti in serie A. Il brasiliano è ordinato, tatticamente accorto, tecnicamente dotato, ma drammaticamente lento nei riflessi. Di fronte all’attaccante che lo punta e gli sposta la palla, non ha quasi mai la rapidità capace per opporre la sua gamba al tiro. In una difesa a 3 può beneficiare del raddoppio degli esterni e degli spazi più stretti, in una difesa a 4 con due centrali, come quella del Napoli, Natan mostra i suoi limiti. Il francese non è neanche l’ombra di Ndombele, per inconsistenza agonistica e incompiutezza tattica. È un giocatore interessante, non un rincalzo di lusso. 
Il mercato non è lontano e la stagione non è perduta. Anzi, dopo questa vittoria, la qualificazione agli ottavi è più vicina. Ma il Napoli ha bisogno di rinforzi e di ritrovare il gioco, il gruppo, la voglia perduti. Altrimenti si va a sbattere. 


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