Il Napoli vince ma non convince: De Laurentiis ancora all'allenamento

Le due vittorie con il Verona e l’Union non hanno ancora consolidato la posizione di Rudi: ADL aspetta una risposta convincente con il Milan
Fabio Mandarini
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Il Napoli ha vinto due volte ma non è tornato bello, tonico e scintillante: lo aveva lasciato intuire il secondo tempo della partita con il Verona e l’ha confermato l’intera notte di Champions con l’Union. In uno stadio storico, charmant, luci rosso-fuoco e nell’aria il mito dei campioni del 2006 e di Jesse Owens: eppure, gli dei e gli eroi hanno ispirato più che altro Kvara, che ha corso come Jesse; Jack, che ha trovato un gol dal valore mondiale; e di contorno anche l’ironia di Gollini e Di Lorenzo, immortalati a mimare l’intramontabile scontro testa-petto di Zidane e Materazzi. Ma questa è un’altra storia. Quella dei giorni dopo Berlino e prima del Milan, invece, racconta di un uomo che a 74 anni ha indossato con umiltà, entusiasmo e insieme autorità la tuta sotto la giacca e da un paio settimane assiste agli allenamenti, dialoga con l’allenatore, i dirigenti e gli staff, si confronta con i giocatori. Piedi per terra o tra le nuvole. Sì: Aurelio De Laurentiis, dopo la vittoria con l’Union, ha deciso di prolungare il suo soggiorno al centro sportivo di Castel Volturno e non ha perso tempo. Che è prezioso. E così la prima riunione con Garcia dopo la partita di coppa è andata in scena sull’aereo per Napoli insieme con l’ad Chiavelli, il ds Meluso e il club manager Sinicropi: la prestazione è stata opaca, non è un mistero, e la vittoria (fondamentale) ha sistemato il disordine di un mosaico non ancora in linea con il valore delle tessere. Che però hanno fatto da sé, risolto, imposto la differenza e po’ nascosto la polvere sotto gli scarpini di Kvara e Jack.

De Laurentiis-Garcia, la situazione

Quello dell’Olympiastadion, insomma, è stato il trionfo dei talenti, dei gioielli di famiglia: sono stati decisivi i lampi e la tenacia dei singoli, più che il gioco e l’intensità al cospetto di un avversario reduce da 8 sconfite di fila ma comunque superiore nello spirito e nell’aggressività (nulla più). Di buono, anzi di ottimo restano i due colpi che hanno permesso di accorciare sul Milan alla vigilia della sfida di domenica e di mettere una bella ipoteca sulla qualificazione agli ottavi di Champions - e hai detto niente - ma la situazione non è ancora considerata risolta. Anzi: la posizione di Garcia e la sua gestione di ogni aspetto relativo alla squadra restano sotto osservazione. Diretta: De Laurentiis, dicevamo, ha deciso di tornare a Napoli senza passare da Roma. Casa: la sua dimora, fino a quando non riterrà diversamente, sarà il centro sportivo di Castel Volturno. Il presidente preferisce restare vicino al gruppo, sostenere Rudi, parlare con lui e con i giocatori se necessario, confrontarsi e capire tutto quello che c’è da capire ogni volta che può. Molto semplice, molto legittimo: il Napoli è la sua creatura e lui è il cervello di un club portato in alto con un lavoro a tratti geniale - insieme con una serie di straordinari coprotagonisti - che però non può prescindere da certi passaggi (su tutti qualificazione in Champions). Il Napoli esibisce uno scudetto che impone qualcosa in più.

Garcia, obiettivo Milan

Adl ha assistito anche ieri all’allenamento, in campo al fianco dell’allenatore. Rudi che tra l’altro ha dichiarato più volte di essere felice davvero di ritrovarsi sempre accanto il presidente. Anche in ritiro: evidentemente si sente più sereno, più tranquillo. Evidentemente aveva bisogno di lui. Il futuro, però, non è ancora scritto e il tempo sul Napoli resta incerto. Certo la tempesta è passata, le vittorie sono tutto nel calcio, ma dopo il secondo tempo di Verona e la notte di Berlino c’è una pioggerellina insistente tipo Londra. E domenica con il Milan è un altro giorno, un’altra giornata cruciale senza drammatizzarne i significati: Garcia non ha ancora vinto tre volte di fila e tantomeno uno scontro diretto (ko con Lazio, Real e Fiorentina). Lo insegue e ci spera anche in virtù di una tradizione favorevole con Pioli ai tempi della Roma (lui), della Lazio e del Bologna (il collega): 3 vittorie e un pareggio in un derby. Serve un’altra risposta, più convincente delle ultime: gli esami non fi niscono mai. Per ora.


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