Garcia, la ricerca dell'identità del Napoli non è finita: cosa non convince

Gli azzurri sono tornati al quarto posto eppure il gioco, la condizione e la gestione non convincono
Garcia, la ricerca dell'identità del Napoli non è finita: cosa non convince© ANSA
Antonio Giordano
4 min

NAPOLI - Visto ch’è difficile confrontare come se si fosse dinnanzi ad uno specchio una (stessa) squadra in due campionati diversi, si può sempre provare ad analizzare il Napoli nelle sue undici giornate, a volte pigre e altre no. Perché se è complicato trovare riferimenti simili - oppure identici - contro avversari che intanto sono mutati, può tornare comodo e anche più razionale accomodarsi di fronte alle proprie fotografie e tentare di scorgere evoluzioni o anche involuzioni. Racconta questo Napoli, quarto in classifica, quindi in zona Champions e però anche distante sette punti dall’Inter capolista e otto da chi lo scudetto un anno fa l’ha vinto, che nel suo trimestre ha inseguito varie cose, anche se stesso, si chiama identità, che sta per gioco, per natura, per continuità di rendimento e se possibile anche di divertimenti, altrimenti definite emozioni.

Napoli, la questione del modulo

Il Napoli di partenza sa di 4-3-3, poi le fasi d’una partita lo rielaborano, a volte Zielinski si stacca, va in pressione sulle uscite altrui, ma sono dettagli: le difficoltà sono nella espressione autorevole del gioco, nella capacità di prendersi le partite e farle sue, con eleganza se possibile, com’è successo nel primo tempo con la Lazio, nella ripresa con il Milan. Garcia non si sente legato ad un modello di riferimento («non c’è solo il tridente»), cerca strade per sfuggire alle trappole («gli avversari ti studiano»), a volte attinge nella disperazione, altre s’affida a scelte personalissime.

Napoli, condizione fisica precaria

A Salerno, in un pomeriggio d’assoluto controllo, dopo cinquanta minuti di corsa neppure esagerata, il Napoli si è sgonfiato, ha dato la sensazione di gestire e però anche di essere stanco, come altre volte. Sei giorni prima, contro il Milan, era capitato l’esatto contrario, primo tempo su ritmi umani, secondo (per venticinque minuti) giocato come se non ci fosse un domani. Ma in ampiezza, nelle undici di campionato e nelle tre di Champions League, le gambe hanno avuto la necessità di rallentare ed il fisico, ovvio, di rifiatare, non avendo la capacità di tenere uno sforzo prolungato.

Napoli senza padronanza

Il Napoli segna, ventinove gol fin qui, eppure spreca: e il classico bicchiere, che sta sempre lì, sembra mezzo pieno, com’è giusto che sia, pur notando che nella parte vuota ci sono rimpianti. Ma al Napoli, prima di Salerno, è mancata la personalità per contenere i pericoli, per limitarli: prima che Meret diventasse, all’Arechi, spettatore non pagante, il Milan l’ha sommerso di ansia (20 conclusioni complessive) e il Verona, dallo 0-3 in poi, ha avuto nove opportunità, ha dovuto persino superarsi per chiudere una gara che pareva sigillata e che invece ha rischiato di essere riaperta. Come se mancasse l’equilibrio o la padronanza dei momenti.

Napoli, la verità nelle statistiche

E poi ci sono le statistiche, che virano verso la destra della classifica: dei suoi ventuno punti, diciannove il Napoli li ha ottenuti contro le cosiddette provinciali. Di quelle che stanno a sinistra, la zona chic, Garcia ha incontrato il Milan, la Lazio, il Bologna e la Fiorentina. Ci sono ancora Inter, Juventus, Atalanta, Roma e Monza per sentirsi Grande, sempre, non solo con le piccole.


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