C'è un solo modo per cercare di entrare nella testa del Napoli: farsi guidare non dall’istinto e neppure delle conoscenze del calcio o della psicologia, ma irrompere dolcemente in quei cervelli, lasciando che siano loro stessi ad indirizzare l’analisi, a scoprire gli effetti ma soprattutto le cause di queste fasi così up e così down. Esiste un Consiglio di Saggi - una mezza dozzina di uomini che rappresentano lo spessore e la maturità d’una squadra capace di stravincere in scioltezza il campionato scorso e però anche di uscire dalla tormenta, due anni fa, del post Empoli - con cui Garcia ama confrontarsi («è una mia abitudine, l’ho fatto anche in passato»), per tentare di vedere dove non arriva né il suo sguardo e né, evidentemente, il suo pensiero.
Terzo posto nel mirino dopo il pari del Milan
C’è sempre stato qualcosa da dirsi, in questo Napoli che improvvisamente s’è scoperto debole, come se in passato non avesse costruito sulle proprie consistenti certezze capolavori che appartengono alla Storia, e in una domenica che può proiettare dove nessuno si sarebbe spinto immaginare - il terzo posto, che saprebbe di miele dopo un bel po’ di fiele - prima che il Lecce rovinasse il weekend del Milan e preparasse la tavolata per il Napoli, quel retrogusto amarissimo lasciato dal pareggio con l’Union Berlino ha spinto Garcia a ritrovarsi con l’autorevole collegio per sfuggire al rischio tracollo e per avvolgere con una rete di protezione quella parete dell’anima sgretolata: un sos, ma sottovoce.
Napoli, l'elenco dei saggi di Garcia
I saggi restano misteriosamente secretati (Meret, Di Lorenzo, Rrahmani, Juan Jesus, Mario Rui, Anguissa e Zielinski), né la ricostruzione può essere fondata su luoghi comuni inapplicabili, perché al Napoli - per dirne una - di senatori ce ne sono tanti, potrebbero essere persino tutti, considerata la continutià del Progetto e la longevità di (quasi) ogni singolo: però, questo è persino un dettaglio irrilevante, perché la sintesi del consulto non è raccolta nella identità dei partecipanti al briefing ma nelle loro tesi, necessariamente illuminanti. E i concetti, non restano rinchiusi in un recinto tecnico, ovviamente. Il Napoli ha un malessere che si porta appresso da un bel po’, l’ha dimostrato anche con l’Union Berlino, subendo un gol che ha abbattuto i principi elementari dell’organizzazione tout court - mica solo quella difensiva - e un’instabilità che ormai si trascina da un po’, tormentando Garcia alla disperata ricerca di tre vittorie consecutive ormai da sedici partite.
Qual è il problema del Napoli di Garcia?
Il Napoli ha un problema (anche serio) di identità calcistica, fatica ad esprimere se stesso, non riempie gli occhi ma neppure la pancia, sta in quella via di mezzo in cui le emozioni ne escono appiattite, quasi soffocate, e non riuscendo a redigere una diagnosi che svelasse la natura di certe contraddizioni lampanti oppure accecanti, Garcia s’è concesso un pizzico di privacy con quegli uomini che assieme a lui condividono il paradosso: essere ancora, e da appena sei mesi, i campioni d’Italia in carica e non essere (quasi) riconosciuti più come tali. E soltanto chi quel prodigio l’ha realizzato, nei modi e nei tempi che resteranno a far da poster nella memoria del calcio italiano, può tentare di spiegare cosa sia cambiato: un aiutino verso se stessi che sa pure come un atto di giustizia calcistica e un pochino pure umana.