Napoli, la terapia dei sensi

Leggi il commento del Condirettore del Corriere dello Sport-Stadio
Alessandro Barbano
4 min
Tagsnapoli

Come un malato dato per spacciato, i cui organi improvvisamente abbiano ripreso a funzionare, ma con i livelli del sangue ancora molto al di sotto del minimo vitale. Ecco il Napoli che il rianimatore Calzona ha preso in carico, misurandone la capacità di reazione contro un avversario molte spanne sopra. Al netto della gravità del virus, la diagnosi è incoraggiante. Perché questa squadra è viva, risponde agli stimoli, mostra un attaccamento alla vita che potresti definire orgoglio. E, rimessa nelle condizioni ideali, cioè nella postura tattica del suo abituale quattro-tre-tre, è anche in grado di mandare a memoria alcuni automatismi del passato. È poco per vincere contro una big, nonostante il Barcellona sceso al Maradona ieri sera non è certo quello di Messi e neanche quello del primo Xavi. Tuttavia i blaugrana tirano in porta quattro volte e nell’ultima il tempismo di Lewandowski brucia sul tempo Di Lorenzo e Meret, bucando la porta azzurra con un rasoterra che ha tutta la perfidia del cannoniere polacco. Il Napoli invece nella porta di Ter Stegen tira una sola volta, e fa centro. Fai fatica a separare la bravura di Osimhen, che protegge con il corpo il pallone e manda fuori tempo Martinez, dall’azzardo del centrale basco, che tenta l’anticipo pur sapendo di non avere alle spalle altro che il portiere. Resta il fatto che il centravanti nigeriano si conferma il salvatore del Napoli e con la sua prodezza regala all’esonerato Mazzarri un alibi che fa più tiepido il suo cuore ferito.

Dopodiché il pareggio vale il rinvio di una verifica, non certo una conferma. Tra tre settimane a Barcellona, con in mezzo quattro partite di campionato, sapremo se la terapia Calzona ha portato il Napoli sulla strada della convalescenza o piuttosto ha certificato una patologia cronica insormontabile e debilitante. Prima del ritorno con i catalani, gli azzurri affronteranno la Juventus al Maradona. Sarà quella la partita più importante per dimostrare che questa squadra non è ormai una super provinciale ma può battere anche una big.

Ci sono giocatori, come Kvara, Lobotka, Di Lorenzo, Politano, che attualmente rendono al 50/60 per cento rispetto all’anno scorso. Se si aggiunge che dietro non c’è più Kim a risolvere i casi più difficili, e che i rincalzi di cui dispone Calzona non sembrano all’altezza delle aspettative – Raspadori è l’ombra del finalizzatore rapace che ha meritato una maglia in Nazionale -, si comprende quanto delicato sia il compito del nuovo tecnico accorso al capezzale del Napoli. Il calcio tuttavia è, come la medicina, una scienza solo parzialmente razionale. Ci sono guarigioni improvvise che la ragione non decifra e che solo i sensi possono spiegare. La relazione tra l’ex delfino di Sarri e la pattuglia smarrita degli azzurri è questo per l’appunto: una relazione di sensi, intuito, fiducia reciproca, rispetto. Gli ingredienti ideali per tentare il miracolo. Tanto vale provarci.


© RIPRODUZIONE RISERVATA