La forza del Napoli: i 10 motivi per cui ha vinto lo scudetto
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La forza del Napoli: i 10 motivi per cui ha vinto lo scudetto

Analizziamo, punto per punto, le situazioni che hanno permesso di prevalere di un punto sull’Inter
Alberto Polverosi

Quando uno scudetto si decide per un punto (è successo solo una volta negli ultimi vent’anni: Juve 83, Inter 82 nel 2019-20) non è un compito facile fissare i motivi principali che hanno portato alla vittoria una squadra (il Napoli) sull’altra (l’Inter). Ci proviamo ben sapendo che questi dieci motivi apriranno una discussione. E se dobbiamo indicare una ragione che racchiude tutte le altre è questa: il Napoli ci ha creduto più dell’Inter, rimasta sorpresa da un’avversaria considerata meno forte, per l’organico e perché l’anno prima era rimasta dietro di 41 punti. In un solo campionato il Napoli ne ha rimontati 42.

L'importanza del tecnico: Conte e la stessa ossessione che aveva Spalletti

Pur travolti dalle inevitabili e meritate celebrazioni di Conte, è impossibile sottrarsi alla lettura dello scudetto del Napoli senza partire da chi ha immaginato l’impresa. E’ stata una scelta di rottura, De Laurentiis ha capito che per riportare il Napoli al vertice ci voleva un allenatore del genere di Spalletti. Non come gioco (anche perché i giocatori erano diversi, meno tecnici quelli di Antonio), ma come filosofia di lavoro, come applicazione feroce, come ossessione. Conte, come Spalletti, è stato tutto questo. Così è tornato lo scudetto sul golfo. 

Nessuna ingerenza: Laurentiis una presenza più discreta

Quando gli errori insegnano qualcosa, non si ripetono più. Gli errori del presidente un anno fa erano stati di due tipi: l’ingaggio di tecnici che non hanno convinto e la continua ingerenza nelle questioni di campo, formazione compresa. La decisione di puntare su Conte escludeva la possibilità di esprimere pubblicamente, da parte di De Laurentiis, pareri tecnici e il presidente ha rispettato il lavoro dell’allenatore. Non solo, si è esposto pochissimo, ha lasciato spazio alla squadra e ai giocatori e così ha ottenuto un risultato straordinario.


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La solidità  mentale: che carattere, la squadra non ha mai mollato

Qui torna sulla scena il lavoro di Conte. Raramente il Napoli ha dato l’impressione di rubare l’occhio allo spettatore per il suo gioco. Ci sono state partite assai poco divertenti (eufemismo) tipo Como e Venezia. Però mai, proprio mai, la squadra ha mollato sul piano mentale e caratteriale. Ogni volta la vedevi convinta, cattiva, decisa, solida, metteva a disagio l’avversario col suo carattere e la sua personalità. E’ così che ha superato la distanza tecnica dall’Inter, squadra, anzi, organico, assai meglio equipaggiato rispetto al Napoli.

Gestione meno complicata: l'assenza delle coppe è stata un vantaggio

I mezzi di Inzaghi erano superiori a quelli di Conte. Probabilmente se il Napoli avesse giocato anche in Europa, l’organico degli azzurri sarebbe stato un po’ più ricco. In ogni caso la possibilità di giocare una gara a settimana per una squadra guidata da Conte è stato un vantaggio notevole. Ha avuto diversi infortunati, con la partita a metà settimana sarebbe stato più complicato recuperarli. Perfino l’uscita dalla Coppa Italia (peraltro arrivata poco prima della striscia di 7 vittorie) è servita per puntare tutto sul campionato.

Quota scudetto bassa: il passo lento che ha tenuto la concorrenza

Negli ultimi venti campionati, soltanto tre volte, compreso quest’ultimo, lo scudetto è arrivato a una quota così bassa. A 82 punti lo avevano vinto l’Inter di Mourinho nel 2009-10 (la Roma seconda a -2) e il Milan l’anno seguente (l’Inter seconda a -6). In questo ventennio, mai lo scudetto è arrivato con meno di 82 punti. Segno evidente che tutte le grandi hanno frenato, il Milan ha fallito la stagione, la Juve quasi, le romane hanno rallentato in diversi momenti. Soltanto l’Inter non ha mai mollato, se non nel momento decisivo...


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La superiorità non sfruttata: Inter, percorso pieno di grandi rimpianti

Ha voluto tutto e ora all’Inter è rimasta una sola possibilità, la finale di Champions contro il Psg. Ha perso la Supercoppa, la Coppa Italia e il campionato pur avendo la squadra e l’organico più forti della A. Ci sono stati dei momenti in cui l’Inter sembrava imbattibile, ma non ha approfittato di questa autorevolezza, né dell’evidente superiorità tecnica. Prendere il gol del 2-2 con la Lazio al 90’, quando lo scudetto è tuo, non va bene nella maniera più assoluta. Il cammino dell’Inter è cosparso di altri grandi rimpianti.

L’elasticità tattica: il cambio di modulo senza problemi

Quando a Inzaghi sono mancati gli esterni titolari, Dumfries e Dimarco, grazie alle alternative a sua disposizione non è stato costretto a cambiare modulo. Quando invece gli stessi infortuni sono arrivati sul golfo, Conte ha ritoccato l’assetto della squadra senza farle smarrire la propria identità. E’ passato dal 4-3-3 quando aveva Kvara al 3-5-2 quando le ali d’attacco non c’erano più (Kvara) o erano infortunate (Neres), così ha messo Raspadori accanto, o meglio, alle spalle di Lukaku. La squadra ha risposto subito, senza disagi tattici.

Un distacco notevole: il centrocampo produce più gol dell’Inter

Qui si può aprire il dibattito perché anche l’Inter ha un centrocampo formidabile. Da una parte Barella-Calhanoglu-Mkhitaryan, dall’altra Anguissa-Lobotka-McTominay. Sulla tecnica e sul modo in cui il trio del Napoli e quello dell’Inter sviluppano la manovra la discussione è ampia, ma c’è un punto che stabilisce una differenza netta e indiscutibile: i gol. Napoli: McTominay 12, Anguissa 6, Lobotka 0, totale 18 gol, senza un rigore. Inter: Calhanoglu 5 (con 3 rigori), Barella 3, Mkhitaryan 1, totale 9 gol, l’esatta metà. 


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Appena 27 gol incassati in A: la difesa solida ha dato forza agli azzurri

Il Napoli ha segnato solo 59 gol, 20 meno dell’Inter e anche meno dell’Atalanta, della Lazio e del Milan. Ma è anche la squadra che ha incassato meno gol (27) in campionato. Conte ha vinto cinque scudetti in Italia e in tutt’e cinque le occasioni c’è riuscito con la difesa meno battuta del campionato. Certo, alla Juve il compito era risolto agevolmente da Buffon-Barzagli-Bonucci-Chiellini, ma è stato così anche all’Inter e ora al Napoli. La capacità difensiva ha dato forza alla squadra, nonostante le assenze di Buongiorno.

Un gigante per Conte: McTominay, ecco la vera differenza

Lukaku è l’uomo di Conte, lo ha voluto e i 14 gol, più il pesante lavoro di boa (lavoro ben riuscito) hanno dato ragione alla scelta del tecnico. Ma il giocatore che ha fatto la differenza è stato McTominay. Dodici reti, compresa l’ultima fantastica che ha portato lo scudetto a Napoli. Ha tutto quel giocatore, forza fisica, forza mentale (venerdì sera, quando Rrahmani stava perdendo la pazienza, lo ha trascinato via dalla lite), la qualità tecnica (e sennò come lo fai quel gol in mezza rovesciata), la durezza, l’elasticità. Un gigante. 

 

 


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Quando uno scudetto si decide per un punto (è successo solo una volta negli ultimi vent’anni: Juve 83, Inter 82 nel 2019-20) non è un compito facile fissare i motivi principali che hanno portato alla vittoria una squadra (il Napoli) sull’altra (l’Inter). Ci proviamo ben sapendo che questi dieci motivi apriranno una discussione. E se dobbiamo indicare una ragione che racchiude tutte le altre è questa: il Napoli ci ha creduto più dell’Inter, rimasta sorpresa da un’avversaria considerata meno forte, per l’organico e perché l’anno prima era rimasta dietro di 41 punti. In un solo campionato il Napoli ne ha rimontati 42.

L'importanza del tecnico: Conte e la stessa ossessione che aveva Spalletti

Pur travolti dalle inevitabili e meritate celebrazioni di Conte, è impossibile sottrarsi alla lettura dello scudetto del Napoli senza partire da chi ha immaginato l’impresa. E’ stata una scelta di rottura, De Laurentiis ha capito che per riportare il Napoli al vertice ci voleva un allenatore del genere di Spalletti. Non come gioco (anche perché i giocatori erano diversi, meno tecnici quelli di Antonio), ma come filosofia di lavoro, come applicazione feroce, come ossessione. Conte, come Spalletti, è stato tutto questo. Così è tornato lo scudetto sul golfo. 

Nessuna ingerenza: Laurentiis una presenza più discreta

Quando gli errori insegnano qualcosa, non si ripetono più. Gli errori del presidente un anno fa erano stati di due tipi: l’ingaggio di tecnici che non hanno convinto e la continua ingerenza nelle questioni di campo, formazione compresa. La decisione di puntare su Conte escludeva la possibilità di esprimere pubblicamente, da parte di De Laurentiis, pareri tecnici e il presidente ha rispettato il lavoro dell’allenatore. Non solo, si è esposto pochissimo, ha lasciato spazio alla squadra e ai giocatori e così ha ottenuto un risultato straordinario.


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