Roma, ora i Friedkin battano un colpo

Roma, ora i Friedkin battano un colpo© LAPRESSE
Francesco De Core
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Un assedio che diventa beffa, la gioia strozzata nel video del Var, e così di questa partita che sancisce nei fatti - e nei punti - l’addio della Roma alla Champions restano il gol annullato, l’espulsione di Zaniolo e le parole di Mourinho, pesanti più di pietre, sul Palazzo e sul peso specifico del club. Tre momenti concatenati che riducono il resto della partita con il Genoa a ben povera cosa. Sulla rete che Abisso ha tolto ai giallorossi, già oltre il novantesimo, va da sé che, sezionato alla moviola (e alla terza inquadratura), il precedente pestone di Abraham c’è. C’è pure che l’azione si era sviluppata dopo il contrasto, con l’esito che conosciamo, e che l’arbitro - non lontano dallo svolgimento - aveva lasciato proseguire convalidando il gol. Ora, con un Var così invasivo, a giudizio di Mourinho il calcio è diventato un altro sport, dove il dettaglio che la tecnologia evidenzia in ogni zona del campo si sta trasformando in decisione inoppugnabile. Conciliare l’assolutezza dell’immagine bloccata in un fotogramma con uno sport di contatto talvolta ruvido - dove peraltro l’interpretazione del direttore di gara è determinante nella sua insindacabilità - appare alla lunga sempre più complicato. Esempio di un’ora dopo: non sarebbe stato da chiamata del Var l’intervento di Giroud su Sanchez prima del gol del francese nel derby di Milano? Appellarsi al “chiaro ed evidente errore” sembra a volte un rifugio di comodo. 

 

Sommarie annotazioni propedeutiche a ogni considerazione sul rosso a Zaniolo per la frase “Che cazzo hai fischiato” rivolta per tre volte ad Abisso dopo l’annullamento dell’1-0, e al conseguente, amarissimo j’accuse di Mou. L’immaturità contestata dal portoghese all’arbitro sta tutta nella ghigliottina di un cartellino estratto in maniera totalmente avulsa dal contesto e dal momento. Pur accesa, la reazione rabbiosa di Zaniolo, in evidente trance agonistica, mai come stavolta poteva essere se non capita quanto meno tollerata, perché a volte ci sono frasi (quando non rappresentano un’offesa personale, sia chiaro) che a farle cadere nel vuoto ci si guadagna in credibilità, persino in personalità. Ma così non è stato: nessuna sensibilità, solo appunto l’esposizione di una ghigliottina come mera affermazione di potere inconfutabile. Risultato: niente Sassuolo, come minimo. Che Zaniolo non sia Chiellini o Ibra, lo si sapeva già da un po’.

E qui l’attacco frontale di Mou al Palazzo: Roma piccola, troppo piccolina agli occhi del potere. Lapidario e caustico, come sempre più spesso gli accade di essere, suo malgrado, in questa esperienza romana. Non è la prima volta che José si espone mettendo in gioco la faccia e la credibilità. Si dirà: è stato preso anche per la sua totemica leadership, dentro e fuori. Forse sì, ma se la Roma si ritiene colpevolmente e reiteratamente danneggiata, come da lungo elenco di torti evidenziati, è forse giunto il momento che anche altre voci, da altre stanze, si facciano sentire con autorevolezza. Tutta la vicenda rischia di essere vissuta come una questione personale tra Mou e il Palazzo. Non è così. I Friedkin battano un colpo.

Che poi la Roma, soprattutto in uno scialbo primo tempo, abbia manifestato i consueti limiti tecnici di alcuni suoi uomini, questo è un altro discorso. Diverso, ma ugualmente importante. E che nulla toglie al resto. 


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