Fair play finanziario, perché la Roma è penalizzata sul mercato

Esigenze di bilancio e necessità di abbassare il costo della rosa: la società giallorossa ha accettato i limiti
Fair play finanziario, perché la Roma è penalizzata sul mercato© AS Roma via Getty Images
Giorgio Marota
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Costo della rosa e bilancio da tenere sotto controllo all’insegna dei «requisiti di stabilità». Sono i due fattori che la Roma deve tenere in considerazione per rispettare i paletti finanziari imposti dall’Uefa in seguito al “settlement agreement” firmato a settembre 2022 dopo la violazione del fair play finanziario. In cosa consiste? E perché condiziona in modo così evidente i piani di Mourinho e le conseguenti scelte di mercato?

Il bilancio

La Roma si è impegnata a migliorare il suo bilancio in modo che a fine 2026 la somma del “deficit aggregato” non superi i 60 milioni, passando da vari obiettivi intermedi. Tramite le plusvalenze, questa soglia ovviamente scende. Ecco perché la Roma, che ha già accantonato 12,5 milioni a titolo di contributo Uefa (prevedendo già nell’esercizio 2021-22 un’ulteriore multa di 7,5 milioni per il mancato rispetto di alcuni obiettivi), deve fare delle operazioni vantaggiose il prima possibile. È centrale in questo discorso la cosiddetta “quota di ammortamento” dei calciatori, cioè la procedura che permette alle società di ammortizzare nel corso degli anni un acquisto (incluse le commissioni). Facciamo un esempio, semplificando il concetto: se X è stato pagato 50 milioni e ha firmato un contratto di 5 anni, la società spalmerà l’investimento con una quota annua a bilancio di 10 milioni. I prolungamenti, come quello di Kumbulla fino al 2027, diluiscono l’ammortamento e lo rendono meno “impattante” sul bilancio; al 30 giugno 2022 l’albanese aveva un costo annuale di circa 6 milioni mentre con il rinnovo questa quota è scesa della metà, con la cifra residua a bilancio (18,9 milioni) da spalmare fino al 2027 e non più fino al 2025.

La Roma e i costi

Il secondo parametro è il costo della rosa in riferimento agli atleti inseriti in lista Uefa A: deve essere sempre in positivo rispetto all’anno precedente. Se ciò non accade, il club non può inserire nuovi giocatori nella stessa lista come è accaduto, per citare un caso, a febbraio con Solbakken. L’operazione di abbassamento si esegue tagliando il costo totale della rosa di stagione in stagione, finché il periodo di osservazione di Nyon non termina. Un calciatore pagato 40 milioni, che firma oggi un contratto di 5 stagioni a 5 milioni lordi annui di stipendio, ha un costo in questo senso di 13 milioni. Si tratta di una semplice operazione matematica: è l’addizione tra ammortamento (costo del cartellino, 40, diviso gli anni di contratto, 5) e percepita in busta paga (5 milioni), cioè 13. Sommando i costi di ogni atleta si arriva al costo totale della rosa, che dovrà essere sempre uguale o inferiore alla stagione precedente. Per raggiungere il target, il gm Pinto può cedere i calciatori che hanno un valore di ammortamento ancora alto e sostituirli con new entry a basso costo (meglio se a parametro zero). Non a caso, uno dei nomi più “pesanti” per la situazione della Roma è l’infortunato Abraham, pagato 40 più bonus nell’estate del 2021 con accordo quinquennale. Lo svincolato Matic, viceversa, è ossigeno per le casse. Occhio però alla calcolatrice, perché bisogna sforbiciare ma non troppo; il costo della rosa al 30 giugno 2023 diventerà infatti il riferimento da tenere a mente per il 30 giugno 2024. Il mancato rispetto del settlement agreement ha come conseguenza una gamma di sanzioni, dalla multa al blocco del mercato, fino all’esclusione per tre stagioni dalle coppe a partire dal 2027-28. Nyon non scherza.


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