Totti e Spalletti, era ora di piantarla

Leggi il commento sull'incontro che sancirà la pace tra l'ex capitano della Roma e il ct dell'Italia
Marco Evangelisti
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Ma sì, fate la pace almeno voi. Proprio oggi che non va di moda, che le faide vanno portate sino in fondo laggiù dove non resta più niente, che l’offesa diventa ragione e la ragione diventa marchio infamante. Oggi che bisogna semplificare perché il pensiero è lo strumento di chi tradisce. Semplifichiamo, dunque: Totti e Spalletti, in stretto ordine antialfabetico, amici come prima, come quando, ricorda Francesco parlando al Corriere della Sera, Luciano si presentò alla Roma ed era ciò che è ancora adesso, «una persona piacevole, divertente, sincera» e per il suo fuoriclasse inventò un ruolo, «una figura di calciatore moderno. Un numero nove che diventava la fonte del gioco dalla trequarti in avanti».

Totti-Spalletti, fissato l'incontro

Semplifichiamo, anche se in questo momento storico da bava alla bocca e occhi scarlatti di rabbia stare in pace sembra la cosa più complicata dell’universo. Totti tende un braccio verbale, dice che se incontrasse Spalletti, adesso meritatamente ct della Nazionale, lo saluterebbe con affetto e piacere. Che la colpa in fin dei conti non è di nessuno, perché è di qualcun altro, dei dirigenti della Roma di allora, addirittura dei consulenti della Roma di allora, forse dei padri pellegrini, dei templari e delle fate morgane. E Spalletti afferra al volo l’offerta, propone persino una data e un terreno neutrale dove firmare l’accordo: la vigilia della prossima partita azzurra, il Bambino Gesù, ospedale benemerito dove l’uno e l’altro contano diversi amici. La loro Vestfalia, la loro Versailles. Dove concludere una controversia personale estesasi rapidamente a rancore familiare, disputa lavorativa, disgregazione societaria, contrasti di gusti artistici e infiammatasi successivamente in guerra di religione, irriducibilità ideologica, pogrom da secolo breve. Tutto intorno a un pallone che alla fine neppure c’era più, tanto il tempo e il vento demoliscono le nostre certezze. Non può che essere benvenuta questa semplificazione controcorrente, questa pace tra due forze che calcisticamente parlando hanno scosso la loro epoca e magari possono continuare a farlo, ciascuno nei propri nuovi compiti. A una sola condizione, per carità: la pace del Bambino Gesù non sia un armistizio di vent’anni bensì una pietra sopra l’intera storia. Che francamente ci aveva anche un po’ rotte le scatole.


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