Mourinho Solitario y Special. Se ne va in lacrime

Due anni e mezzo, un trofeo, un’altra finale e i sold out: l’eredità di José è nell’amore dei tifosi che non lo hanno mai lasciato solo

ROMA - Solitario y Special. Questo è stato José Mourinho per la Roma. Non per i romanisti: per loro è stato Special e basta perché solo loro non lo hanno mai lasciato. Non lo hanno fatto quando è arrivato, in un giorno caldo d'estate che improvvisamente è diventato caldissimo, e non lo hanno fatto ieri, quando ha lasciato Trigoria emozionato e commosso, con lo sfondo del telefono ancora colorato di giallorosso e il cuore in mille pezzi. José Mourinho è stato romanista per mille giorni: 987 ne sono passati dal comunicato d'arrivo (4 maggio 2021) a quello di addio, ma sono stati mille quelli in cui si è sentito romanista. Perché da quando ha dato la sua parola ai Friedkin, un paio di settimane prima dell'annuncio, non ha cambiato idea. Non ha cambiato modo di fare e di essere e pazienza se questo, insieme a un campionato non brillantissimo, gli è costato la panchina. Non l'amore della gente: non basta un nono posto in classifica, non basta un girone di Europa League chiuso al secondo posto quando il primo era ampiamente alla portata e non basta un gioco che tutto era tranne che calcio champagne. In fondo lo champagne José Mourinho ai romanisti l'ha fatto aprire spesso. 


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Mourinho, i momenti top alla Roma

Quando è arrivato, quando ha vinto la Conference League, quando ha regalato la seconda finale europea consecutiva e pure quando, a Budapest, ha difeso la Roma contro tutto e tutti. L'ha protetta, a volte anche da se stesso e da quella ambizione che lo ha portato a voler sempre spingere più in là l'asticella. Ieri Abraham lo ha ringraziato, Dybala anche così come Rui Patricio, persino Zaniolo si è ricordato di lui, insieme a migliaia di romanisti che sui social gli hanno dedicato foto, video, parole e canzoni. José Mourinho quell'affetto lo ha sentito, così come ha sentito, anche perché le ha viste, le lacrime dei dipendenti di Trigoria. Anche Bove, uno dei suoi “bambini, ha pianto. Lui stesso era commosso, ha ringraziato le persone che hanno lavorato con lui (e per lui) e ha ringraziato i tifosi che lo hanno aspettato fuori dal Bernardini. 


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Mourinho, ancora a Roma

Poi è sparito, è andato in hotel e resterà ancora qualche giorno, prima di volare a Londra dalla famiglia. È stato esonerato a Manchester e al Tottenham, mai era andato via con più lacrime che rabbia. I due anni e mezzo da romanista hanno cambiato lui e hanno cambiato i tifosi perché questo allenatore ha stravolto la città e il suo Dna. Ha reso i sogni possibili, ha fatto dire, almeno una volta, a chiunque: «Stavolta tocca a noi», come quando pensi che sia tutto finito, tutto grigio, e invece il cielo torna improvvisamente a colorarsi. Grazie a Mourinho ce ne sono stati tanti, di cieli giallorossi. Non è stato tutto facile, non è stato tutto lineare: Mourinho lascia la Roma dopo aver discusso con gli arbitri e qualche giornalista, con uno stadio sempre sold out; la lascia dopo aver messo un giocatore fuori rosa, dopo aver corso sotto la Sud per la vittoria numero mille in carriera, dopo essersi messo al collo la medaglia d'oro di Tirana e aver regalato a un tifoso quella d'argento di Budapest. Mourinho se ne va dopo gli abbracci ai raccattapalle, dopo i siparietti con i giocatori che non aveva fatto entrare, dopo i giri in Vespa e il tatuaggio con tutte le coppe europee. Chiude il suo ufficio di Trigoria tra lacrime e applausi, tra messaggi pubblici e privati (migliaia), tra ricordi meravigliosi e amarezze infinite. Nella notte di Budapest, dopo essersela presa con l'arbitro Taylor, aveva promesso a squadra e tifosi di restare per far ripartire la festa, ma non c'è riuscito. Ci ha provato, ha dimostrato di essere fallibile: è stato meno mago, forse, ma più uomo. E anche per questo ieri Roma lo ha salutato con tanta malinconia. Per quello che poteva essere. E per quello che è stato. Solitario. Y Special.


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ROMA - Solitario y Special. Questo è stato José Mourinho per la Roma. Non per i romanisti: per loro è stato Special e basta perché solo loro non lo hanno mai lasciato. Non lo hanno fatto quando è arrivato, in un giorno caldo d'estate che improvvisamente è diventato caldissimo, e non lo hanno fatto ieri, quando ha lasciato Trigoria emozionato e commosso, con lo sfondo del telefono ancora colorato di giallorosso e il cuore in mille pezzi. José Mourinho è stato romanista per mille giorni: 987 ne sono passati dal comunicato d'arrivo (4 maggio 2021) a quello di addio, ma sono stati mille quelli in cui si è sentito romanista. Perché da quando ha dato la sua parola ai Friedkin, un paio di settimane prima dell'annuncio, non ha cambiato idea. Non ha cambiato modo di fare e di essere e pazienza se questo, insieme a un campionato non brillantissimo, gli è costato la panchina. Non l'amore della gente: non basta un nono posto in classifica, non basta un girone di Europa League chiuso al secondo posto quando il primo era ampiamente alla portata e non basta un gioco che tutto era tranne che calcio champagne. In fondo lo champagne José Mourinho ai romanisti l'ha fatto aprire spesso. 


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