Ciao Losi, core de sta città

Una carriera donata alla Roma, fu storico capitano e terzo giocatore con più presenze nel club dietro soltanto a Totti e De Rossi
Ugo Trani
6 min

Basta dire Core de Roma per rendersi conto quale cuore - e quanto grande - ha smesso di battere nella prima domenica di febbraio del nuovo anno: la Roma, stasera contro il Cagliari, si emozionerà nel ricordo del grande capitano degli anni Sessanta che purtroppo non c’è più. Addio Mino, il difensore più amato dalla tifoseria giallorossa. Addio a Giacomo Losi che ci ha lasciato all’età di 88 anni. Fino all’epoca d’oro dei capitani Totti e De Rossi, è stato il romanista con più presenze, diventando poi terzo sul podio degli eroi del club oggi di Dan Friedkin. Addirittura 455 partite, delle quali 386 giocate in serie A. L’unico non romano del trio.

Gli inizi a Soncino e i trofei con la Roma

Nato a Soncino, si spostò nella Capitale 70 anni fa. E ci rimase per 15 stagioni. La Roma lo pagò 8 milioni, ovviamente parliamo di lire, versati alla Cremonese che lo acquistò con 500.000 dalla Soncinese. Giocò terzino e libero, si prese la maglia numero 5 prima di Falcao e tanti altri perché quel numero fu scelto dal papà Pietro, operaio e calciatore tra i dilettanti. Losi è nelle immagini in bianconero il testimonial della Roma di stagioni indimenticabili. Perché Giacomino non è stato il capitano di passaggio venuto dal Nord, ma il protagonista di quel gruppo giallorosso che, dopo lo scudetto dell’annata 1941-1942, riassaporò il gusto della vittoria. Eccolo Mino che stringe forte al petto il primo trofeo della Roma nel dopoguerra. Successo internazionale, con la Coppa delle Fiere che Losi alzò nel cielo sopra l’Olimpico l’11 ottobre del 1961, superando nella partita di ritorno contro il Birmingham City: 2-0 e inglesi a casa, autorete di Farmer e gol di Pestrin davanti a 50 mila spettatori ad accompagnare la squadra guidata dall’argentino Carniglia e con centravanti Piedone Manfredini. Ma fu il capitano anche della prima Coppa Italia delle nove conquistate la società giuallorossa: arrivò tre anni dopo la prima vittoria in Europa. Il 1° novembre del 1964 fu decisivo il gol al fotofinish di Nicolè a Torino nella finale bis doppio lo 0-0 del 6 settembre all’Olimpico. La Roma di Cudicini, Schnellinger e De Sisti, allenata da Lorenzo, superò i granata di Rocco. Il trofeo pure lì finì in braccio a Losi. Che fece in tempo, proprio nella stagione più triste (quella anche del dramma di Taccola), a festeggiare la terza coppa della sua carriera. Ancora la Coppa Italia, con la Roma del Mago Herrera che chiuse il girone battendo 3-1 - il 29 giugno del 1969 allo stadio Zaccheria - il Foggia, con la doppietta dei Capello e la rete di Peirò (inutile poi il gol di Saltutti), il capitano spagnolo dell’annata. Losi non si prese con Herrera che lo ignorò dopo appena otto partite e lo portò al divorzio con il club. Ma il difensore partecipò a quel successo. Non fu impiegato a fine percorso, ma all’inizio. Titolare nella prima partita, nel derby vinto contro la Lazio: 1-0 rete di Ferrari. Finì comunque la sua carriera nella Capitale l’anno successivo nella Tevere Roma. Giacomino è facile da raccontare come giocatore: è stato il classico marcatore. Ha fatto il terzino, a sinistra, poi è diventato centrale. Libero, ma pure stopper. Veloce e bravo in acrobazia. Alto 168 centimetri, ma fortissimo nel gioco aereo. Potenza delle sue gambe, due molle, e lucidità negli anticipi.

Losi 'Core de Roma'

Diventò Core de Roma l’8 gennaio del 1961, qualche mese prima di vincere la Coppa delle Fiere. Si fece male nella partita all’Olimpico contro la Sampdoria. Prima di lui si fermò Guarnacci, Losi non si arrese invece all’improvviso guaio muscolare all’inguine. Statico, si piazzò in attacco. All’ala. La Roma, sotto per le reti di Cucchiaroni e Brighenti, arrivò al pari con la doppietta di Manfredini. Sul corner di Loiacono, Giacomino usò solo la gamba destra per staccare e firmare il gol del successo, il primo dei suoi due in giallorosso. Core di Roma e testaccino nel Dna. Perché l’allenatore della Cremonese che lanciò Losi era Ercole Bodini. Il cugino di Renato. E cioè «quel torello di Bodini…» che si canta nell’inno di Testaccio e che diventò anche il vice di Bernardini sulla panchina giallorossa. In Nazionale 11 presenze, comprese le due ai mondiali in Cile contro la Germania e la Svizzera. La sua grande passione, oltre al calcio, fu la bicicletta che, comprata lavorando da manovale, usò per portare munizioni ai partigiani. Esordì nella Soncinese, da mezzala, sotto falso nome: Bugli. Non aveva nemmeno 14 anni. Non lo trovarono subito per dirgli che l’aveva acquistato la Roma. Ci pensò mamma Maria, sarta a Soncino: avvertì papà Pietro di andarlo a chiamare. Mino stava facendo il bagno nel fiume Oglio.


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