Playoff tra i Dallas Cowboys e i Minnesota Vikings, 28 dicembre 1975. A trentadue secondi dalla fine della partita di football americano, il quarterback Roger Staubach realizzò un passaggio da 50 yard (circa 45 metri) al wide receiver Drew Pearson per il touchdown che consegnò in extremis la vittoria ai Dallas. A fine gara Staubach dichiarò: «Mentre effettuavo il lancio ho chiuso gli occhi e ho detto un’Ave Maria». Il giorno successivo il Dallas Times Herald titolò “I Cowboys vincono con un’Ave Maria”. Da allora l’espressione “Hail Mary pass”, il passaggio dell’Ave Maria, rappresenta quel tipo di azione nel football americano. E Daniele De Rossi, da appassionato della NFL, dopo la partita contro la Fiorentina ha utilizzato il famoso detto per raccontare il gol del pareggio. «Ci portiamo a casa un punto d’oro, l’anticipo di Zalewski sul finale ci ha permesso di avere l’occasione dell’Ave Maria, l’ultimo tentativo». Ed è esattamente quello che è accaduto: un’azione a pochi secondi dal triplice fischio, un pallone buttato in avanti e che ha regalato un punto d’oro su un campo ostico.
Roma, il destino è di chi osa
E allora quella di De Rossi è stata un po’ la Roma dell’Ave Maria, che ha saputo pareggiare al Franchi, sfruttare un miracolo finale per rimediare al “peccato originale”, quel 3-5-2 che i giocatori adesso stanno rigettando, come ha ammesso il tecnico. Un miracolo per chi è credente, un po’ di fortuna per tutti gli altri ma che - altro detto - sicuramente aiuta gli audaci. E chi più della Roma ha l’animosità di provarci fino all’ultimo, di sfruttare ogni secondo del match per spingersi oltre e tentare un ultimo passaggio dell’Ave Maria. “Audentes Fortuna iuvat”, letteralmente “il destino favorisce chi osa”. E la Roma sa osare, e sfruttare le proprie qualità. Anche perché nel corso di questa stagione e delle ultime due, sotto la guida di Mourinho, ha saputo sfruttare in più di un’occasione tutti e novanta i minuti di gioco. Anche oltre, andando a trovare gol e “miracoli” nei minuti di recupero.