Lettera a De Rossi: l'amore, i brividi, il derby

Tifoso, calciatore, capitano e adesso tecnico. Daniele e una sfida unica contro la Lazio all'Olimpico
Fabio M. Splendore
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ROMA - Credo che dormirai poco, pochissimo. Forse niente. Anzi, probabile che tutto questo starà succedendo già da qualche giorno. Poi dici giustamente che la maturità ti ha insegnato ad essere tranquillo: questo è bene che arrivi alla squadra, questo deve essere il messaggio. Se c’è una partita, per te, questa è il Derby. Perché sei romanista, perché oggi se potessi ti metteresti in Curva Sud a tifare la Roma di Daniele De Rossi, quello che sta in panchina, in una sorta di sdoppiamento della personalità, di trance passionale e agonistica insieme. Con la vena che pulsa. 

Due Daniele De Rossi per la Roma 

I due Daniele di oggi saranno quel tifoso e questo allenatore: se ci mettiamo quello che sei stato, il calciatore e il capitano, si può dire (e tu lo diresti) che in fondo la vita fino ad oggi ti ha fatto essere tutto quello che volevi. Come in un sogno: un sogno che si avvera. Il Daniele della Sud sarà lì, con il cuore che batte, macinando chilometri, superando gli ostacoli. E con la Roma in fondo al cuor. Il De Rossi allenatore sarà sempre lì, a giocarsi il suo primo derby in panchina, dopo aver lavorato sugli “errori” fatti da calciatore - quando le sfide alla Lazio le sentivi sempre troppo - in modo che la tua squadra, da questo punto di vista, non sbagli approccio. 

Fatto Olimpico e le origini  

Il resto lo farà l’Olimpico, il tuo Olimpico, perché quella gente è sempre stata tua. E davanti gli occhi, passeranno in un attimo tutte le immagini del cuore: la prima volta a Trigoria da ragazzino, il primo gol in un derby giovanile e quello in un derby vero, Ostia, il mare e - come in una mirabile fusione - l’Ostiamare, dove tutto è cominciato. E la famiglia, le interminabili partite tra amici da bambino sulla sabbia dello Sporting Beach che è come casa, quando la carriera che poi hai avuto era soltanto un altro sogno da realizzare. E il giorno in cui Mauro Bencivenga - che non avevi 18 anni - ti mise da allievo a fare lo schermo davanti alla difesa, una sorta di folgorazione tattica che da Luis Enrique in poi ti ha consegnato quasi un’altra carriera. E il passo d’addio dopo vent’anni di giallorosso sulla pelle, quel 26 maggio 2019, Roma-Parma. 

Il sogno comincia 

Inutile girarci intorno, questo è il giorno dei giorni. E già, ha proprio ragione Ligabue: “cosa combina l’amore”... Combina che la Roma ti chiama in un gennaio - quello scorso - che non ti aspetti, che prima di te c’è stato un totem, che alla Roma non si può dire no. O meglio i romani come te, come Claudio Ranieri, non possono dire no. E allora il Sogno di allenatore comincia davvero e tu lo vivi nell’unico modo che conosci: con la tua passione, la tua voglia, i tuoi valori, le tue idee, con Mancio - Emanuele Mancini - vicino, l’amico di una vita, a cui dedicare le 100 partite in Nazionale e con cui condividere un’avventura così. Mentre soffia il vento arriva il Derby, questo conosciuto. E sì, “è già partito il giorno dei giorni, fatto per vivere. Il giorno dei giorni, senza più limiti, attimi e secoli, lacrime e brividi”. 


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