Giusto per non essere fraintesi, nell’epoca delle parole chiave, dei segnali d’allarme e del linguaggio impaurito, lo diciamo subito: questa non è una critica preventiva alla Roma in perenne meeting operativo, un gruppo dirigente che si riunisce per decidere la data della riunione successiva. Al contrario, è una presa d’atto di quanto sia delicata per il club la sessione di mercato estiva di cui stiamo vivendo il tradizionale, inevitabile e sfibrante prologo.
Roma, il lavoro di Ghisolfi
Il ds Florent Ghisolfi, che finora ha mostrato al mondo solo la sua assorta faccia da Punitore ma si è guardato bene dal far esplodere una cartuccia - tempo al tempo -, dovrà avere mani da chirurgo per ricavare dal bilancio le risorse necessarie a spegnere e riaccendere una rosa arrivata al fondo dello stoppino e piedi da acrobata per attraversare il guado saltando da una pietra scivolosa all’altra. Ci sta lavorando, comunque, limando e scavando. La Roma allo stato attuale non ha un vero crack da vendere per raccogliere in un colpo solo i soldi che le servirebbero. Se persino Osimhen soffre a raggiungere le quotazioni che vuole il Napoli, figuriamoci Abraham. I giallorossi poi non dispongono di sorprendenti introiti extra da reinvestire in fuochi d’artificio. La società rimane costretta a camminare con prudenza sulle sabbie mobili di un complicato accordo sul fair play finanziario, per quanto il terreno insidioso si sia fatto di recente più sodo. Grazie peraltro a una sapiente politica imperniata sull’attenzione economica, messa in campo da una proprietà piuttosto intransigente per quanto attiene alla propria immagine e rappresentata dalla prudenza determinata di Lina Souloukou.
Missione rinforzi
Ciò non toglie che alla squadra siano necessari cinque o sei titolari nuovi di zecca e fatti di pasta differente da quella dei predecessori. È il solo modo di difendersi dal logorio del tempo e dal veleno del fato. Solo che in queste condizioni non ci si può permettere un passo falso: al primo appoggio incerto, si finisce a bagno. Ghisolfi, procedendo con accortezza e competenza, può riuscire a trovare il surplus di qualità di cui De Rossi ha bisogno, ma affronta anche il rischio di ritrovarsi a fine mercato con una squadra ulteriormente affondata nella mediocrità. Non vorremmo essere nei suoi panni. Lui però ci si trova comodo, a quanto sembra, ed è buon segno.