Roma, Dybala prepara la maschera per un anno da superstar

La stima di Mourinho, l’amore dei tifosi giallorossi, l'ambizione dei Friedkin. Da sogno proibito a realtà: la Joya è l’espressione di un calcio-poesia
Roma, Dybala prepara la maschera per un anno da superstar© AS Roma via Getty Images
Giancarlo Dotto
5 min

Cosa c’entra Dybala alla Roma? Cosa c’entra Dybala in qualunque squadra del pianeta oggi? A partire dal sembiante. Li vedi in fila all’uscita del tunnel che li porta alla luce, alias l’appuntamento con l’eventuale gloria, e sembrano torve divinità dentro esoscheletri di muscoli e schiume di rabbia. Più o meno tutti simili, per lo più già temprati e cresciuti alla guerra negli anni delle banlieu o delle favelas di appartenenza, nei quartieri lungo la Mosa (in uno di questi, il più malfamato, è cresciuto Georginio Wijnaldum), nelle periferie delle città inglesi o tedesche, e poi rifiniti in laboratorio da cazzutissimi napoleoni della panchina.



José Mourinho è il più cazzuto di loro. Uno che si dà pace solo quando vede il sangue colare dalle mascelle dei suoi soldati. Questo non gli impedisce di amare calciatori come Paulo Dybala, uno da cui colano solo ceneri di stelle. Le vedi le belve ipertoniche e poi, confuso nel mucchio, vedi lui, Paulo, qualcosa a metà tra un efebo raffaellesco e un putto veneziano. Ha provato bravo ragazzo, per essere contemporaneo, a darsi un “corpo”, a sviluppare quadricipiti e pettorali, ma i risultati restano modesti (lo fece anche il suo gemello Roby Baggio, ma più che altro per proteggere ginocchia fragili come petali). S’è inventato anche la “Dybala mask”, la maschera del gladiatore, per sembrare credibile come guerriero. Per quanto si mascheri, per quanto si sforzi, per quanto si adatti, per quanto si butti come un Gattuso qualunque nelle mischie, lui resta (per la fortuna di tutti noi) il menestrello di un calcio in via di sparizione, dove l’erba non è solo droga per stalloni assatanati ma ispirazione alla danza e al tocco lieve, non per questo meno letale. Ecco, nelle mani di un genio dell’horror movie come Tobe Hooper, quella sua frangetta non certo da hair stylist alla moda di Porta Venezia, quella maschera mimata a ogni gol e quelle pupille color ghiaccio potrebbero ispirare facilmente uno spietato bambolo assassino. Versione che, di certo, non dispiacerebbe a Mou (per non parlare dei tifosi lupoidi) il cui calciatore feticcio perfetto sarebbe una sintesi in laboratorio di Matic, Dybala e Gengis Khan.

Il suo sinistro è poesia sublime ma anche delitto perfetto. Dybala era il sogno proibito (e forse mai confessato) del tifoso romanista ogni volta che lo incrociava da nemico dentro quella maglia non sopportabile. Dove sembrava l’erede naturale di altri sinistri divini come Omar Sivori (lui si, il cabezon, ce l’aveva in natura la faccia ribalda di quello che ti fa male e poi ci ride sopra) e Roby Baggio. Dello stesso Michel Platinì, anche se a piede inverso. L’arrivo di Cristiano Ronaldo lo ha forse stranito, certo ha creato un incidente nella sua ascesa da star dello zibaldone juventino. E, probabilmente, aperto una domanda su quello che potrebbe essere un lato oscuro della sua non banale sensibilità. Dybala soffre la competizione quando il rivale che ingombra ce l’ha in casa e gli fa ombra? L’avvento della superstar portoghese (lui sì perfetto nel recitare la parte, nato per questo), oltre che ridimensionarlo pubblicamente, potrebbe aver generato nella testa del ragazzo un disordine dell’autostima?

Circostanze irripetibili lo hanno nel frattempo portato a Roma e alla Roma, dove improvvisamente tutto sembra cucirglisi addosso, più che mai la mossa del gladiatore (la notizia ufficiale del suo arrivo, il giorno in cui Russell Crowe era in visita al Colosseo) il rosso della maglia e l’amore che lo avvolge. La prima parte di una storia che nessun tifoso giallorosso, anche il più delirante, avrebbe immaginato fino a pochi mesi. Ora viene il bello e comunque l’interessante. La Dybalite inevitabilmente sfiammerà, anche per l’arrivo a ripetizione di tante suggestioni, Paulo e la sua Roma dovranno costruire un rapporto più vero, più solido, meno fanciullescamente delirante, basato sui fatti e sulle imprese.
Il ragazzo baciato dal talento ce la farà. Ha anche l’intelligenza dalla sua, tra le tante virtù. Le premesse sono le migliori. Compagni di qualità umana oltre che calcistica, ecco la grandiosa notizia! (Pellegrini e Abraham su tutti, lo stesso Belotti quando sarà, ma mano sul fuoco anche su tutti gli altri). L’amore dei tifosi. E poi, decisivo. I bastoni e le carote dell’uomo che sta in panchina come fosse un trono. Un uomo che la sa lunga.


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